Settimana dei Popoli, Leonardo Palmisano presenta "Ghetto Italia"

12 14 Ghetto ItaliaNOCI (Bari) - “E mi domando cosa siamo, noi, se mangiando un mandarino a tavola, d’inverno, non sentiamo il sapore amaro della prigionia” è la frase posta sul retro del libro d’inchiesta “Ghetto Italia, presentato da uno dei due autori, Leonardo Palmisano, il 14 Dicembre al Chiostro delle Clarisse in occasione di “Sotto lo stesso Cielo”, la settimana dei popoli organizzata dall’ambito di Noci e Putignano.

L’associazione Presidi del Libro di Noci, una delle tante associazioni facenti parte la settimana dei popoli 2016, ha condotto l’intervista a Leonardo Palmisano per presentare il suo volume, edito da Fandango. “Ghetto Italia” nasce dall’incontro di Palmisano con Yvan Sagnet, coautore che non ha potuto, per un imprevisto, partecipare alla presentazione. I due autori, partendo da un’inchiesta lanciata da “L’Espresso” e dal “Corriere della Sera”, hanno approfondito l’indagine sul caporalato e sullo sfruttamento schiavistico pugliese, scoprendo che questo fenomeno, purtroppo, si estende fino al Piemonte. Intreccio di associazioni a delinquere a stampo mafioso, sfruttamento del lavoro “grigio” e riciclaggio di denaro, il caporalato (intermediazione illecita tra domanda e offerta di lavoro) si configura come schiavitù 2.0 e come rivisitazione del commercio di esseri umani. L’Italia è, infatti, dopo la Polonia, la nazione europea con il più alto tasso di “schiavi del lavoro” - non ritenuti tali dallo Stato Italiano, privo di norme sulla schiavitù intesa globalmente - veri e propri invisibili della società, costretti a vivere in condizioni disumane: chiarissime appaiono le foto (qui quelle del Corriere della Sera) dei ghetti di Rignano Garganico o di Borgo Mezzanone, nei quali i braccianti sono costretti a vivere in baracche di “legna e cartone”, senza acqua né corrente elettrica se non a pagamento, con latrine a cielo aperto nelle umide giornate estive del sud del Salento. Altissimo risulta, quindi, il rischio di epidemie, segnalato anche da associazioni di medici volontari come Medici Senza Frontiere.

Quali, allora, le situazioni per sradicare l’epidemia dello schiavismo dei braccianti? Innanzitutto, risponde Palmisano, “riacquisire una cultura del lavoro, diventando una comunità “basata sul lavoro, non sul consumo. Non siamo cittadini perché consumatori. Siamo cittadini punto. Perché non è il mercato che conta, ma l’esistenza”. Nel “deserto dell’agricoltura italiana”, quindi, risulta un passo avanti ma non una svolta la nuova legge sul caporalato, priva di qualsiasi tecnicismo o indice di quantificazione dello sfruttamento. Bisognerebbe partire dal proprio piccolo, invece, e proprio da quell’ “ingresso nella quotidianità dell’altro” che rende tale una comunità.

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