L'arminuta di Donatella Di Pietrantonio e l'universalità dell'abbandono

04 28arminutadonatelladipietrantonioNOCI (Bari) - Riservata ma profonda, eternamente legata alla sua terra: l’Abruzzo. Chi ha avuto modo di ascoltarla, durante la sua tappa a Noci, non esiterebbe un attimo nel descriverla come una delle più grandi scoperte letterarie italiane degli ultimi anni: Donatella Di Pietrantonio, scrittrice e vincitrice del Premio Campiello 2017, ospite della libreria Mondadori Point con il supporto dell’associazione culturale Vivere d’arte eventi al termine della rassegna “Incontri in libreria”, si è rivelata una vera e propria sorpresa, un fiume in piena nel suo “non metodo di scrittura”. La presentazione del suo ultimo lavoro “L’arminuta” edito da Einaudi, lo scorso giovedì 26 aprile, è stata l’occasione per conoscerla davvero ma soprattutto per lasciare il tanto atteso filo diretto con il suo alto numero di lettori.

Cittadina di Penne, in Abruzzo, Donatella pratica da sempre la professione di dentista pediatrica, ma il suo debutto con Mia madre è un fiume (Elliot, 2011) l’ha cambiata per sempre, al punto di farla sentire scrittrice prima di tutto. E fa bene a definirsi tale, dopo essere tornata con Bella mia nel 2014 (con cui ha preso parte al premio Strega) e con L’arminuta nel 2017, libro che ha anche segnato il suo passaggio a Einaudi, raggiungendo un numero sorprendente di lettori.

L’arminuta (la ritornata, in dialetto abruzzese) non è altro che una ragazzina di tredici anni che da un giorno all’altro scopre di non essere la figlia delle persone con cui è cresciuta e si trova restituita alla sua vera famiglia. Una trama semplice, sembrerebbe, se non fosse per l’ottima analisi della tematica dell’abbandono restituita ai lettori che, volenti o nolenti, prima o poi si ritrovano ad affrontare. L’arminuta, stando alla presentazione in libreria sostenuta dall’autrice, in dialogo con Gabriele Zanini (presidente Vivere d’arte eventi), è una bambina adolescente ma già donna: ritrova consolazione nella prima persona che incontra, la sorella Adriana, con cui stringerà un rapporto salvifico.

Nella figura dell’arminuta potrebbero celarsi tante vite simili alla nostra, ma prima di tutto è qui che si cela la vita di Donatella Di Pietrantonio: vissuta in una famiglia abruzzese in cui la figura materna – che lei descrive come punto di riferimento, sostegno, contenimento – diventava per motivi lavorativi “imprevedibile”, sconosciuta, come quella dell’arminuta, appunto.

Per raccontare quanto di autobiografico c’è nel titolo vincitore del Premio Campiello 2017 servirebbero pagine e pagine del nostro quotidiano, ma la verità è unica e sola. La scrittura della Di Pietrantonio raggiunge al 100% l’obiettivo che tutti gli scrittori cercano di perseguire: riflette vissuti universali. Donatella è una scrittrice semplice: mette in bocca ai suoi personaggi il linguaggio che gli spetta, deve tutto al suo riferimento letterario Ágota Kristóf, non rispetta schemi di composizione lettaria che potrebbero farla sentire in gabbia.. ed è già in cammino per decidere se dar vita al sequel dell’arminuta. Libro da leggere, assolutamente.

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