Presentato “L’ora di chiusura”, l’ultima perla letteraria di Vittorino Curci

11 26 VittorinoCurciLoradichiusura 3NOCI (Bari) - Non ha certo bisogno di presentazioni Vittorino Curci,musicista e poeta che si è conquistato un posto di tutto rispetto nei cuori e sugli scaffali dei nocesi. Egli è ormai diventato  un simbolo di quella Noci sempre più protesa verso la cultura e l’introspezione individuale che diventa poi riflessione collettiva. Lo scorso 24 novembre, a partire dalle ore 18:30, presso la libreria indipendente “Fatti di carta”, sita in via Repubblica, è stata presentata la raccolta di poesie dal titolo “L’ora di chiusura”, ultima creatura letteraria partorita dalla raffinata ed elegante penna di Vittorino Curci. Con l’autore hanno dialogato Gianni Lara e William Vastarella.
Si è trattato del primo di tre incontri con gli autori organizzati dalla libreria.

11 26 VittorinoCurciLoradichiusura 1Partendo già dal titolo “L’ora di chiusura” richiama un po’ il termine “gesure”, che in dialetto nocese si usa per designare uno spazio chiuso, o per meglio dire, un terreno coltivato e recintato. Quello della poesia è dunque un  confine sacro, tracciato pazientemente pietra su pietra. Il dono che vi è celato non lo si potrà tenere per sé in eterno, bisognerà necessariamente “metterlo in circolo”, elargirlo.

I temi ricorrenti sono quelli maggiormente cari al poeta: il fluire del tempo, il legame tra i vivi e i morti, la parte fanciulla che ognuno culla in sé e la funzione della poesia. Il tempo, nelle poesie del Curci è inteso come consuntivo dell’esperienza non prettamente soggettiva, ma di un’intera generazione. Com’è risaputo, il tempo di una generazione finisce con il diventare storia. Alla poesia è tutto possibile: anche traghettare nella nostra epoca un giovanissimo Leopardi, che alla faccia della sua fama da “pessimista musone”, sfreccia in bicicletta. Ma la poesia può riportarci indietro sullo scenario amaro della guerra, facendoci vestire i panni di un soldato che preso dalla stanchezza s’attarda e rimane indietro nella neve fitta, sentendo vicina la sua ultima ora. Vittorino Curci utilizza soventemente un sottilissimo “gioco di penna”: quando scrive “io”, a parlare non è lui, ma ciò che pensa è poggiato sulle labbra di un altro. Quado al contrario sembra che sia l’altro a parlare, bisogna saper cogliere l’autore sotto “mentite spoglie”, un autore che interroga se stesso. Tra i requisiti fondamentali della poesia devono esserci il gusto per la ricerca delle parole e il saper fare un corretto uso della metrica e degli accenti, in modo che essi evochino immagini, suoni e quindi emozioni. Parafrasando una delle tante bellissime perle incastonate in questa collana poetica, vi troviamo delle similitudini e delle allegorie molto profonde. Ad esempio, quegli “aghi di pino che rammendano le nuvole in transito”, simboleggiano un voler mettere assieme dei pensieri astratti e confusi, conferendo loro ordine e concretezza.

Ma nelle poesie di Vittorino c’è anche tanta Noci, di cui sono addirittura citati i toponimi più noti. Qual è però il ruolo del poeta nella società odierna? La sua posizione si può paragonare a quella dell’antennista, che sale sui tetti delle case per riparare le antenne e fare quindi in modo che il segnale arrivi in tutte le case. Una posizione senza dubbio privilegiata la sua, perché dall’alto può godere di una panoramica completa, ma che può anche rivelarsi pericolosa e dolorosa. In una società che abita stabilmente nella menzogna, il poeta è colui che attiva i ricettori della verità, e proprio per questo, non sempre può risultare simpatico agli ipocriti e a chi non è dotato di sensibilità.

Vittorino Curci si è lasciato andare a delle schiette dichiarazioni sul suo modo di fare poesia: “Non faccio molte presentazioni per quanto riguarda i miei libri, perché prima ho bisogno di rileggerli io stesso, ponendomi dal punto di vista del lettore. Molti poeti e scrittori hanno la cosiddetta “crisi post partum” e dopo aver scritto un libro, restano in silenzio anche per anni. A me fortunatamente non è mai capitato, dopo un primo momento di smarrimento, normale e necessario per ragguagliare le idee, riprendo subito la penna in mano e ricomincio a scrivere! Penso che un poeta non debba mai fare forzature: per esempio io seguo semplicemente una mia voce interiore. Le presentazioni sono per me un’opportunità di constatare come gli altri mi vedono e come interpretano ciò che scrivo!”

Riguardo all’essere fin troppo presenti sulla scena, attraverso le occasioni pubbliche come appunto le presentazioni o i social, Vittorino non ha espresso alcun dubbio: “Al giorno d’oggi i poeti e gli scrittori sembrano diventati quasi dei “commessi viaggiatori”, orientati solo a vendere il maggior numero di copie possibile. Io scelgo di non essere eccessivamente presente perché a mio avviso è la distanza dell’autore che crea quella magia posta in atto dalla scrittura. Se pensiamo ai grandi del passato, della maggior parte di loro non esistono filmati o registrazioni audio: non conosciamo neppure il suono della loro voce!”


11 26 VittorinoCurciLoradichiusura 2Citando il poeta francese Renè Daumal, molto interessato all’esoterimo, Vittorino ha ripreso il concetto di poesia intesa come magia. E proprio come per la magia, abbiamo la poesia bianca, che opera al livello sovrumano, e la poesia nera che scivola nelle bassezze del subumano, mossa da intenti puramente egoistici come quelli commerciali. La strada da perseguire è indubbiamente quella della poesia bianca, quella pura, libera e incontaminata; quella in cui si vorrebbe quasi scomparire come autore.
Al “poeta letterato” , Vittorino Curci preferisce il “poeta artista” , magari meno acculturato ma più saggio e maggiormente capace di arrivare al cuore con un linguaggio semplice e diretto.
Molto profonda la riflessione con cui il poeta ha congedato la platea: “Io mi limito solo a verbalizzare la vita, non faccio altro che ripetere questa specie di invocazione: “pensieri, immagini, emozioni, venite a me!” E le risposte, se non si ha fretta, arrivano. Fosse anche attraverso il sonno ma arrivano! Occorre recuperare il ragazzo o la ragazza che ciascuno di noi è stato e interrogarlo all’infinito. In buona sostanza, il ruolo che la poesia riveste nella società odierna è quello di bussola: deve servirci per orientarci!”

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