Il "paese globale" di Arminio presentato a Noci

05-23-Franco_Arminio-Maggio011NOCI (Bari) - Professione e sentimento si intrecciano nel nuovo appuntamento del Maggio d'Autore svoltosi venerdì 20 maggio presso l'auditorium del liceo scientifico Leonardo da Vinci di Noci. In attesa dell'appuntamento clue dell'anno con l'inviato del TG1 a Londra Antonio Caprarica venerdì 27, il paesologo Franco Arminio, già in visita nel borgo barese a febbraio scorso, è tornato in veste di scrittore impegnato per presentare la sua nuova opera letteraria "Oratorio Bizantino", edito da Ediesse.

La professione si intreccia con il sentimento in quanto la presentazione è stata introdotta da Vittorino Curci, personaggio molto in vista nel panorama culturale pugliese ed amico dell'autore. In questo nuovo libro, Arminio raccoglie i suoi scritti più liricamente civili, e con il suo stile surreale e comico ricorda per postura autoriale un po' Emil Cioran e un po' il narratore «in pubblico» Peter Bichsel, maestro conclamato della prosa breve.

Diviso in gruppi tematici (comizi morali, l'esperienza politica, il paesologo in campagna elettorale, le battaglie civili per l'ospedale di Bisaccia e contro la discarica del Formicoso) il volume censisce l'impegno di anni dell'ultimo autore comunitario del nostro paese, che usa ancora la parola nel tentativo di salvare un pezzo di mondo. Quel fare letteratura per la quale – come ha scritto di lui il mentore Gianni Celati, una sorta di maestro volontario per l'autore irpino– «occorre privilegiare al massimo le cose singole, contro le astrazioni degli esperti e le frasi fatte dell'attualità».

Arminio è sempre a caccia di paesaggi, umani o naturali. Li setaccia rabdomanticamente, implacabilmente, senza paura. Nomina, ammonisce, s'indigna. Fa una battaglia contro il cinismo fin nelle interiora: «C'è sempre altro da fare quando dobbiamo fare qualcosa per gli altri»,dice in un passo emblematico. E anche se il suo baricentro antropologico è quello di Bisaccia, non parla solo di Irpinia, di Sud o dell'Italia intera: la visione è globale, occidentale, nell'intreccio tra cultura contadina, modernità e villaggio tecnologico, la visione di un capitalismo che «a furia di espandersi è diventato piccolissimo».

Sovversivo mite della parola e del pensiero, lancia un j'accuse virulento contro i politici narcisi e ciechi, specchio sensibile di un declino sociale e morale, ma con la speranza e il sogno di un nuovo umanesimo, fatto di comunità «che vadano oltre il profilo dei singoli campanili e dei singoli comuni», e di nuove agorà.

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