Panarese e i benefici della Rivoluzione Napoletana del 1799

04-21TinelliPanareseBasileNOCI (Bari) - È stata finalmente presentata anche a Noci, lo scorso 19 aprile all'interno del Chiostro di San Domenico, l'ultima fatica letteraria del professor Angelo Panarese, docente di Lettere presso gli istituti superiori, sindaco di Alberobello per due mandati consecutivi dal 1994 al 2001 e autore di altre numerose opere.

Presentato come "il percorso monografico ideale" del prossimo lavoro intitolato "Il Mezzogiorno e la Rivoluzione Napoletana del 1799" (in uscita nei prossimi mesi), l'ultimo saggio "Donne, giacobini e sanfedisti nella Rivoluzione Napoletana del 1799" affronta il particolare impatto che la storia nota al grande pubblico ha avuto nel Mezzogiorno d'Italia. E per affrontare questi grandi temi, importante è stato il contributo degli ospiti della serata che hanno amichevolmente dialogato col professor Panarese. Gradito il contributo della professoressa nocese Giulia Basile, che ha posto l'attenzione su alcuni temi, e del giovane giornalista Gianni Tinelli, nonché nostro direttore editoriale, intervenuto per riportare il saluto della neonata associazione "I Presidi del Libro".

Storico, ricercatore, amante dei grandi eventi e della propria terra, Panarese ha saputo, attraverso i suoi scritti, argomentare al meglio il concetto di "rivoluzione" innescato nel 1799 in Italia per opera delle armate napoleoniche, in seguito alla famosa rivoluzione francese. "Una rivoluzione che", ha commentato Panarese, "grazie al ruolo dei giacobini napoletani, ha avviato un processo di rinnovamento dello Stato, ha superato il modello feudale e ha posto le basi per una trama democratica, assai lontana dall'arretratezza borbonica". Ed è stato allora proprio in questo contesto che Panarese ha approfondito altre realtà ed altre figure che, anche se sconosciute e mai citate nei grandi libri di testo delle scuole, vanno necessariamente ricordate per il contributo operoso, a volte di denuncia ma senz'altro attivo, riportato durante la rivoluzione. Ha citato allora l'efficacissima azione di Eleonora Fonseca Pimentel (la rappresentante più incisiva di quell'ansia di liberazione che pervade alla fine del '700), la tragica storia di Luisa San Felice (vittima della rivoluzione e del suo amore per il potente Ferdinando Ferri) e tante altre donne.

Uno sguardo particolare è stato poi rivolto alla Terra di Bari, a Noci e alle grandi questioni demaniali in cui figuravano i contadini e le rivendicazioni terriere. Un periodo di scontri che vide da una parte la strumentalizzazione del Cardinale Ruffo insieme all'esercito dei sanfedisti (che strumentalizzavano il possesso delle terre) e dall'altra i "galatuomini" o giacobini che, non cogliendo la necessità di costruire un'allenaza più duratura con le classi sociali meno abbienti,  causarono la successiva caduta della Repubblica Napoletana. Insomma, in maniera chiara e documentata, Panarese ha messo su un buon lavoro: ha ricollegato e ricostruito i fili della storia grazie ad un lavoro oscuro, lo stesso che lui definisce "capace di dare fiducia e forza alle speranze delle nuove generazioni, poiché lontano dai dogmatismi, dagli apriorismi e dagli ideologismi".

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