Felice Laforgia: la sua storia

04-06-laforgia-gentileNOCI (Bari) - A distanza di pochi giorni dalla dipartita di Felice Laforgia, la Redazione di Noci24.it ha avviato un'inserto speciale dedicato alla figura del 5 volte sindaco di Noci. Proprio per ricordare il valore politico e sociale del sindaco democristiano, la redazione ha chiesto agli altri ex sindaci della città murgiana di esprimere un proprio pensiero. Pubblichiamo il ricordo inviato dall'ex sindaco Pasquale Gentile.


Alla fine degli anni '80, quando Felice Laforgia abbandona definitivamente la vita pubblica dimettendosi da consigliere comunale, ricordo d'aver espresso, da suo successore, nell'istituzionale rito di commiato, una spontanea considerazione: chi, un domani, si accingerà a scrivere la storia di Noci, non potrà non riservargli un intero capitolo. Spontaneità riconoscente, non d'occasione. Felice Laforgia lasciava, allora, alle sue spalle e lascia, oggi, in eredità, un impegno che, nell'aggrovigliarsi di svariati aspetti personali e pubblici, non può non trovare spazio nella 'storia' della nostra comunità: con sincerità bisogna riconoscerGli il merito di aver provocato una intensa e colta scossa al progresso del paese.

Alla sua dipartita, quell'impegno riemerge, quindi, per (ri)proporsi come modello ancora intatto per chi al paese, come Lui, offre quotidiana passione e disinteressato servizio.

Di un Sindaco, si può dire tutto e il contrario di tutto. Di Felice Laforgia, in particolare, si può, perfino, trascurare la pura e semplice attività amministrativa. E' sempre quella... di un Sindaco o di un altro. Chi vuole può riscontrarla negli atti, negli archivi del Comune. Un'opera in più, un'opera in meno... Felice Laforgia, invece, merita d'essere ripensato globalmente, fuori di ogni ipocrita convenzione. Di Lui c'è molto da rammentare: la vigorosa personalità, la facile irritabilità, l'appassionato impegno, il peculiare porsi nella vita del paese, la veemenza nella diatriba politica, il trasporto nell'azione amministrativa, i riverberi culturali, gli innovativi propositi, gli abbaglianti progetti, le intuizioni che precorrono i tempi, l'essere oggettivamente 'ingombrante' in ogni posto e in ogni occasione.

Soltanto nella scomposizione del suo 'essere', si possono rivivere e fondere i risvolti della 'sua 'storia': la tormentata vita democristiana, le ricorrenti tensioni correntizie, gli indicibili contrasti tra partiti, le paurose 'prese di posizione', le ripetute salite sull'Aventino, la naturale propensione a scrostare ambienti e a smuovere consuetudini, l'attitudine ad aggregare uomini e consensi, la congenita capacità di farsi 'inseguire', l'innata abilità nel dettare i ritmi di lavoro, la fortunata sorte di saper attirare l'attenzione degli 'altri', di farsi ascoltare, di far 'testo'. Altrimenti, non è spiegabile la sua tangibile duplice capacità di accendere l'orgoglio degli amici e di provocare la stizza degli avversari.

Inserendoci, pertanto, nel suo modo di pensare ed agire, è possibile dare nuova luce ad alcune vantate e sofferte tappe del suo percorso politico: l'adesione giovanile alla DC, l'impegno nel Comitato civico (1948), la rinuncia alla 'tessera' (metà anni '60), il ritorno e l'immediata assunzione della segreteria politica (1969), l'elezione a sindaco (1970), le dimissioni, la dolorosa scissione e la costituzione del Movimento dei Cristiani Progressisti (1974), il successo elettorale, la rielezione a Sindaco con l'anticipata simulazione del compromesso storico (in maggioranza Progressisti, Socialisti, Socialdemocratici appoggiati dall'esterno dal PCI) con la DC (volutamente) 'spedita' all'opposizione (1975), il ridimensionamento elettorale alle amministrative del 1980, la riappacificazione e la terza rielezione a Sindaco (1983-85), la ricandidatura, come capolista, con la DC alle amministrative del 1985 e, quindi, la quarta elezione a Sindaco (una quinta volta, nell'ottobre del 1986, è dovuta ad un semplice rimpasto di Giunta), le dimissioni a metà 1987 ed, infine, l'abbandono della vita politico-amministrativa nel 1989.

Una grande 'carriera' sviluppatasi, tuttavia, all'interno delle mura cittadine. A ripensare, trattasi di un'insolita anomalia: altrove 'personaggi' simili e di minor caratura ottengono, ieri come oggi, maggiore considerazione, a più alto livello, nei partiti e nelle istituzioni. Molto probabilmente, Felice Laforgia paga, non volendo, le dolorose 'rotture' con il "sistema" di partito benché, agli importanti appuntamenti elettorali politici, stia sempre in prima fila, con tutti i suoi seguaci, a sostenere l'ideale democratico cristiano. Da altra ottica, si direbbe di 'posti' già occupati. Di tanto, ad ogni modo, non si fa cruccio, né, tantomeno, mette il lutto al cappello. Tira fuori la sua fiera, sprezzante ironia: vos in coelo, nos autem terra terra.

Rimane, d'altra parte, un grande rammarico: non essere riusciti, per il bene di Noci, ad armonizzare, a condurre in un unico alveo le capacità di alcuni uomini della stessa generazione con una spiccata attitudine politica. Riprendo semplicemente una diffusa considerazione dell'epoca: insieme, Felice Laforgia e Vito Notarnicola, due leaders pari nella passione, diversi nella prassi, quale maggiore evoluzione avrebbero reso se avessero convogliato le loro complementari qualità in un unico sinergico impegno? Non c'è da rispondere.

Felice Laforgia, comunque, non può essere ricordato unicamente per le lotte, le sconfitte ed i successi nella militanza politica o nella attività di amministratore locale. A Lui tocca ben altro. Al paese, Egli, offre molto ancora prima di assumere la carica di primo cittadino. Certamente, le 'investiture' che lo riguardano, come sempre, come per tutti, passano attraverso i risaputi intrecci tra partiti e tra correnti, attraverso la conta di forze in competizione. C'è, però, qualcosa che oltrepassa i sottili innesti: per Lui l'elezione a sindaco (l'allocuzione è sua) è in re ipsa, quasi un atto dovuto, un riconoscimento per quanto 'brevettato' in precedenza a pro del paese, per la sua capacità di porsi da intellettuale, di far cultura, per la sua indiscussa specificità, per le sue sane utopie, per le sue primigenie intuizioni. Nella seconda metà degli anni Sessanta, infatti, prima di essere Sindaco, Egli scuote il paese da Presidente della gloriosa Pro loco: è lì che la 'passione' diventa azione, è lì che l'amore lo muove a dare, come suol dirsi, il meglio di sé, realizzando quanto, per anni, da giovane, disegna nella sua immaginazione. E' così che inventa a Noci, con un anticipo di più decenni, le manifestazioni estive, quelle che, oggi, spocchiosamente, chiamano eventi d'intrattenimento: i giovani si facciano raccontare le "Settimane nocesi"; è così che intuisce, anzitempo, il proficuo accostamento tra il turismo e l'agricoltura, quello che oggi passa per agriturismo: memorabile l'originale, stimolante convegno, mezzo secolo addietro, su Agricoltura e turismo con successivo, dimostrativo pranzo, all'aperto, nel bosco di Misciongola; è così che vuole e lancia (dopo la precedente, energica esperienza di uno 'murale' di partito: Lo staffile) il giornale locale L'alveare ed escogita il concorso giornalistico su Noci: non si può scordare l'esultanza nello sfogliare i giornali e scoprire, per tanti giorni, Noci nei titoli a tutta pagina. Non vado oltre: lascio a chi vuole il piacere di ricercare nella cronaca del tempo iniziative e successi.

Nel contesto, infine, di una 'pubblica' operosità, prospera in Felice Laforgia un'altra sconosciuta, ma ammirevole prerogativa: l'interesse per la storia di Noci che costruisce ed asseconda, anche qui, sia pure come puro intento, con un'intuizione di modernità. Pur affascinato dalle varie romanzate descrizioni delle origini di Noci - alle quali cerca, tuttavia, di fornire, non potendosi avvalere (come oggi) di documenti sicuri, una valenza scientifica con suggestive sue personali elaborazioni - avverte il bisogno di ripassare, appunto, quella 'storia' iniziando, ad esempio, da una revisione critica delle Conferenze istoriche di Pietro Gioja. Lo ribadisce più volte in piacevoli scambi di idee e nel mentre, in tante domeniche estive, in tre o quattro, con lui in testa, smontiamo, a Barsento, una vecchia specchia di pietre o un rozzo muro a secco con l'illusione di recuperare qualche misera traccia archeologica.

E', questa, a volo d'aquila (anche qui, l'espressione è sua), la storia di Felice Laforgia. Ed è anche, con la dovuta rispettosa proporzione, la mia. Perché ho da prendermi un vanto: quello di aver passato, nei miei anni giovanili, molto tempo con Lui, di essere stato con Lui, (ed anche contro di Lui, in una dura diaspora di partito con parallela vigorosa contesa giornalistica) alla Pro Loco come membro del Direttivo e, più anni, al Comune come Assessore. Da Lui confesso di aver preso tanto. Non per altro, senza la 'formazione' a suo fianco non sarei stato pronto a succederGli alla guida dell'Amministrazione comunale; senza le sue imbeccate, non avrei rivisto e riscritto la storia di Noci; senza l'esperienza de L'alveare non avrei fondato il NOCIgazzettino e non avrei fatto il giornalista ricalcando il suo stile, riprendendo il suo vocabolario, appropriandomi dei suoi modi di dire. Diversamente, non avrei scritto questo 'ricordo' alla sua maniera.

Pasquale Gentile

Lettere al giornale

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