Il modo migliore

foto-dino-tinelli-bnIl modo migliore, carissimi soci, e ogni lettore, con i quale possiamo accettare che la scrittura sia un lasciare segno è disporsi, con tutte le proprie attitudini e per  intero, ad intenderla, considerando che quanto si impieghi in questa attività sia non solo corrispondente allo sforzo del lasciare senza trasformazioni e modifiche ciò che si intende… dire, ma valga a concretizzare la stessa nostra operatività, rendendola imperciochè possibile, ovvero aperta ad ogni concretezza e a nessuna seguitazione obbligata di realtà precostituite.

A dire il vero, subito si imporrebbe un altro distinguo decisivo, il seguitare presentando almeno due capi problematici, circa il suo farsi nel nostro tempo, assolutamente equivocati. Si vuole dire che il seguitare la realtà costituita, ovvero l’esservi costretti contiene la possibilità di spostare verso la libertà dell’agire quella che è la soggettività impegnata nel seguitare o questa stessa, portarla ad essere già giudice, mentre ancora non ha cominciato nessun percorso, di quanto la parola lascia intendere. È evidente come solo se si trascende, ed è proprio il caso di farlo, solo se si trascende, ovvero si vada oltre il fatto della intervenienza obbligatoria dell’intendere, nel senso di ricondurla alla necessità obbligata della seguitazione, il segno lasciato compare nella sua inevitabile datità. Da qui, dunque, l’equivoco del seguitare, piuttosto che restare una contraddizione simbolica, comoda per aggiungere, alla maniera di Andy Warhol, simbolo ed equivocità, come se ce ne fosse bisogno, nell’equivocità medesima, riappare in tutta la sua autonomia pratica, lasciando alla soggettività che è già di fatto e permanentemente l’equivocazione permanente, visto che non sappiamo della nostra magnanimità come della nostra bontà, come della nostra taccagneria, e in generale delle nostre paure, il suo oggetto (e in questo tutto il suo potere!!!). La magnanimità, la bontà e la taccagneria eventuali, che già di fatto compromettono che il segno lasciato possa essere adeguatamente inteso. Dire, a questo punto che ogni segno lasciato è uno specchio rende ottima ragione del fatto che ogni scrittura è un autocontrollo micidiale, ma offusca il fatto che si promani la scrittura nella nostra possibilità di fare. Ovvero proprio il lasciare è ciò che distingue la scrittura trascendendo i limiti dello stesso radicalissimo controllo che chi scrive esercita… contro se stesso!!! Oltre ogni forma di soggettività possibile!!!

Resta solo da dire come la equivocazione permanente della soggettività, fatto del quale nessuna soggettività sa adeguatamente né può sapere fino in fondo senza la dimensione etica, senza quel fare naturale che accompagna… da prima che nascesse, ogni soggettività, è resa tale, appunto il soggettivo, da parte di altro soggettivo che alla soggettività, ovvero all’immediatezza dello specchiarsi, faccia riferimento diretto e direttamente!!! Da un lato codificando la violenza, ovvero l’immediatezza dello scambiarsi delle soggettività sullo specchio che riflette, dall’altro impedisce che il fare sia il portato di ogni scrittura che segno ha lasciato!!!

Ecco la ragione, carissimi, della permanente equivocazione sulla quale si basa la comunicazione, non solo dei giornali, ma anche di qualsiasi cosa impegni le soggettività comunque intese!!! Ecco la ragione del marketingaro, del pubblicitario, del compilatore di manifesti, di quello che fa la copertina dei libri fossero pure le copertine della Feltrinelli o della Laterza… o della De Donato. Costui ridurrà ad una funzione equivoca senza nessun operatività che non sia l’esercizio di una soggettività giudicante, che, dunque, scappa da se stessa, oppure che chiede subito perdono, il proprio rappresentare e la parola tutta!!! Scandalo del quale la presenza dalle origini del segno lasciato è la riparazione.

Abbiamo, cari soci, ovvero cari tutti, ovvero cari abitanti della Murgia dei due Mari, ovvero care italiane e cari italiani, ovvero cari abitanti la Galassia di Andromeda, avuto e ci siamo dati con la compilazione del “Libro dell’ass.” e con “Il libro delle cose fatte” per il PON con il Liceo scientifico, la possibilità di integrare scrittura a scrittura, operatività pratica ad operatività pratica, in una continuità che è difficile scorgere pari all’orizzonte, fino a questo scritto che riallinea eticità e soggettività, violenza e deprivazione, scrittura e operatività concreta nella stessa maniera con la quale queste stesse cose hanno avuto espressione e considerazione in questi anni.

Commentare, intendere, lasciare ancora segno di quanto fin qui la nostra ass. con le scritture e con l’operatività ha fatto è l’occasione che la pubblicazione del nostro libro ci consente. Che tutti quanti si esercitino a proposito mi pare proprio necessario.

Metteremo queste cose a seguitazione del testo “Questo libro” che apre il volume, poi quanto fin qui abbiamo detto e fatto. Maria mi ha inviato un testo che vi giro, Franco, praticissimo di bilanci preventivi e consuntivi di fronte alla “solidarietà offensiva” non dorme la notte per poterla raccontare. Facciamo che siamo tutti in attesa che… tutti si esprimano. 

Cultura è comunità

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