Non ti meriti niente

temTEMPERAMENTE - Conversazione realmente avvenuta con Mithraglia.

– Ciao, come va?
– Aspetto.
– Un’emozione, sempre più indefinibile…?
– Il buon vecchio Lindo!
Boh.
Aspetto.
Mi han stancato tutte queste poesie. Ci son troppi poeti in giro. Lascio la palla a loro.

Ecco, lui è fatto così. Si stanca in fretta, si annoia subito, però poi resta lì, a rimuginarci, a pensarci ancora un po’. E poi magari ci scrive un verso.
sfortunatamente/ la memoria/ mi riporta/ a quello che sarei potuto essere/e mi atterra.

L’eterno dilemma tra il crederci e il non crederci, il dubbio amletico di una giovane anima che non sa e non sa se vuol sapere. E forse è proprio per questo che poi in fondo Non ti meriti niente. Ciò che ho letto in un questa silloge poetica (mai termine fu più stridente e inappropriato, nonostante, in realtà, è di una silloge che parliamo) è la dichiarazione di un’intera generazione che fa cose, dall’andare a comprare il pane a scrivere dei versi, senza mai farle davvero: mi spiego meglio. Non è che questi ragazzi non comprino il pane o non scrivano testi, lo fanno, ma non ci credono: lo fanno sempre con un tono canzonatorio, autoironico, profondamente disfattista. Sarà che sono quelli a cui hanno rubato il futuro e la pensione barattandoli con un incerto presente precario lungo tutta la vita, che ti permette di pianificare al massimo di qui a due settimane, ed è già un gran lusso. Sarà che hanno visto la caduta di tutti gli idoli e gli dei e non è rimasto più nessuno in cui credere e aggrapparsi oltre questo muro di incertezza, sarà che vivono in pieno la rivoluzione digital/social tutto, in un’eterna lotta senza quartiere con il Demone della Reperibilità di Zerocalcariana memoria, sarà quel che sarà, ma siamo fatti così – e mi ci metto anch’io, che a quella generazione appartengo e canto la sigla di quel cartone animato che tanto ho/hanno/abbiamo amato da piccoli.

Prendi quel cantante:
aveva un’anima
ora l’hanno sostituita con
una barba alla moda delle sopracciglia curate
e un taglio di capelli
come di quelli
che vanno ora
A volte spero di
rimanere solo per sempre
lo faccio come ultimo atto
verso me stesso

Triste? Un po’ forse sì (altrimenti, che poeta sarebbe?!); ma non è solo così. Perché Non ti meriti niente non è una lagna depressoide su quanto è brutto appartenere a questa generazione post tutto, malata di telefilm e graphic novel, né un pippone generazionale contro ciò che non va e non si riesce a far andare per motivazioni che non dipendono da noi: è l’anima di un poeta, ancora un po’ rozza e da limare qui e lì – come è giusto che sia, che dipende dalla sua tutto sommato giovine età e dal fatto che il libro sia autopubblicato*, perciò manchi di un editor – ma resta una voce vera, sincera e, soprattutto, capace di far emozionare.

Musica/entrami dentro/ come un lampo/ ti prego/ strappami/ da tutto/adesso

Fuggire nella musica (così come in ogni altra forma di arte) può essere una soluzione; ma una soluzione effimera, che dura il tempo di una canzone, il tempo di un breve sogno prima di tornare alla realtà, con i suoi problemi e difficoltà, ma anche con le sue sfide.

Sai che c’è?/ Ho sentito una mia amica poco fa/ le ho raccontato di me/ delle mie smanie/ ed anche un po’ di te/ Dice che il problema siamo noi, /perché non ci accontentiamo.

Noi non ci accontentiamo. That’s the problem, my friends. Mithraglia e quelli come lui non s’accontentano, non vogliono quella che la società aveva pensato per loro, anche perché nel frattempo la società è andata a puttane e non si ha più il senso né la misura di ciò che ci doveva essere; altro non è rimasto che una immaginifica libertà senza opportunità che ti dona le ali ma ti lega a un palo. That’s the problem again, my friends. E visto che a questo paradosso non si sfugge, ecco che non ti meriti niente: né il disprezzo né la compassione né l’amore né gli amici né altro: allora non prestargli nulla, / che si fotta lui, la sua maniacalità/ e le sue armature.

Cambierà, Mithraglia? Cambieranno quelli come lui? Si accontenteranno, si arrenderanno – e quindi, infine, si meriteranno qualcosa – o magari troveranno quell’impossibile “quadra” alla loro vita (meritandosi quindi qualcos’altro)? Impossibile a dirsi, chi vivrà vedrà, anzi: chi vivrà, leggerà. E intanto aspetta.

*Nota finale, molto polemica, per cui se sei contro le polemiche non continuare a leggere: ho deciso di parlare di questo libro per sollevare due questioni, almeno: la prima, è l’autopubblicazione, questa bestia nera di cui certi scrittori ed editori dicono peste e corna: a loro vorrei dire che se fossero meno schizzinosi, più coraggiosi e se ricordassero ancora il significato della parola che li definisce, allora probabilmente non esisterebbe l’autopubblicazione, visto che molti bravi autori sono costretti a pubblicarsi da sé perché non trovano più editori capaci di fare il loro mestiere ed assumersi un rischio d’impresa; la seconda è che è uno scandalo che in Italia non esistano più case editrici che pubblicano poesia se non a pagamento, come conferma il fatto che anche la collana Lo Specchio di Mondadori è ormai morta, visto che si limiterà a ripubblicare testi già editi.

Mithraglia, Non ti meriti niente, 2015, 0.99 cent

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