Racconti in sala attesa

temTEMPERAMENTE - Racconti in sala d’attesa era un titolo che mi aveva colpito sin dall’inizio, ma a volte i libri hanno sorti strane: attendono parecchio – anche involontariamente – prima di essere letti. Così è accaduto con questa raccolta di storie per vincere il tempo edita da Caracò.

L’attesa può essere lunga e a volte snervante; in una sala, poi, nella maggior parte dei casi anche poco piacevole. E allora leggere diventa una (as)soluzione, uno “sciogli tensione”.

Tuttavia, può succedere che proprio mentre si avverte il desiderio/bisogno di immergersi in una bella storia non si abbia un libro con sé e quindi Racconti in sala d’attesa nasce proprio con l’intenzione di essere di sostegno (e sollievo) ai fortuiti lettori (d’emergenza!).

Anch’io ho deciso di far girare questa raccolta e l’ho già lasciata in una sala d’attesa, chiedendo al lettore che verrà di fare lo stesso.

Devo confidarvi che avrei aperto Racconti in sala d’attesa con il racconto n° 3, ma de gustibus…
Mi incuriosiscono molto i racconti come forma di scrittura. Alcuni danno proprio l’idea di romanzi condensati come L’uomo che dorme (Luigi Romolo Carrino). Altri sono umoristicamente realistici come Il tappo del 128 (Maurizio de Giovanni) – alzi la mano chi non ha avuto problemi con i mezzi pubblici! Oppure divertenti e ambigui come Otto (Patrick Fogli). Certi si presentano leggeri come il lungo post di un blog – è il caso di Come diventare una quarantenne coi tacchi e vivere felici (Gabriella Genisi).

Adesso basta. Non ne menziono più. Sapete cosa vi consiglio? Andate in libreria ad acquistarne una copia, leggetelo e lasciatelo dove ritenete più opportuno, perché il bello di una raccolta di racconti è che si può passare da un genere (di racconto e scrittura) all’altro senza troppa fatica. Si saggiano più autori e – credo sia l’elemento più significativo – si ha modo leggere in maniera economica (i racconti sono brevi, quindi adatti quando si ha “il tempo contato”) e interrompibile nel giro di poche pagine.

Perché, diciamoci la verità, oggi siamo incapaci di stare in una situazione senza riempirci. L’attesa è una dimensione che quasi non esiste per noi, se non nell’ottica di un vuoto da colmare, ed ecco che in molti casi siamo lì col nostro smartphone connessi in qualche modo con qualcuno. Come avessimo paura di restare con noi stessi – nel caso di un’attesa, con gli esiti e i risultati, le preoccupazioni altrui ecc. I racconti, allora, con la loro concisione, ci permettono di riappropriarci della nostra interiorità e di mettere da parte, almeno per un po’, paure e ansie che non ci mollano.

E poi, come ha scritto Cristina Zagaria nell’introduzione a questa raccolta da lei curata, l’attesa dilata il tempo… leggere allora aiuta a riempirlo di nuove storie e significati.

AA.VV., a cura di Cristina Zagaria, Racconti in sala d’attesa, Caracò, pp. 156, 13 euro.

Altre recensioni su www.temperamente.it

Temperamente

© RIPRODUZIONE RISERVATA