Cell

temTEMPERAMENTE - Ho letto Cell di Stephen King. Non perché adesso sia uscito il film al cinema, anche perché ho rinunciato a vederlo dopo che recensori a cui attribuisco la mia massima fiducia hanno già detto che è un abominio di pellicola. L’ho letto solo perché mi è capitato tra le mani dalla pila di libri da leggere, e al Re non sono proprio capace di dire di no.

Siamo a Boston il primo di ottobre. Un giorno come tantissimi altri, come tutti gli altri.
Almeno fino alle 15.03. Clayton Riddell è un grafico che finalmente ha concluso un contratto con una casa editrice per un proprio albo. È felice e soddisfatto della piega che sta per prendere la sua vita, sembra finalmente che tutto il sudore buttato su chine e tavole grafiche possa venire finalmente ripagato. Non sa però che la vita per come la conosceva sta per tramontare per sempre.

Il libro è stato completato da King verso la fine del 2005, quando ancora i telefoni smartphone non erano nella disponibilità delle grandi masse. La telefonia mobile era comunque in piena espansione e quindi non coglie di sorpresa gli effetti devastanti apportati da quello che in seguito prenderà il nome di ‘impulso’: attraverso il cellulare infatti viene irrorato un segnale che letteralmente ’riprogramma’ il cervello dell’utente, azzerandone la coscienza e la conoscenza, agendo sulla mente come si potrebbe agire su di un hard disk, su di un disco fisso del computer.
In pochi secondi di comunicazione l’evoluzione millenario dell’uomo viene spazzata via, riducendo chiunque abbia ascoltato quel messaggio ad un atavico animale aggressivo, desideroso di soddisfare bisogni basici: prevalere e sfamarsi.
Il nostro Clayton scampa all’ascolto solo perché per quel giorno ha lasciato il telefono a casa (dove lo aspettano la moglie Sharon e il figlio Jhonny Gee).
Ma molte altre persone presenti nel parco di fronte ai suoi occhi non sono altrettanto fortunate, così scatta per il nostro eroe un’autentica fuga per la salvezza, perché è come se una giungla piena zeppa di bestie feroci si sia trasferita nel bel mezzo di Boston, e in tutti gli altri luoghi dove sia presente un cellulare. Pressoché ovunque.

State guardando il vostro cellulare con occhi nuovi adesso, vero?
Beh, durante la lettura io l’ho fatto, più volte. Oramai lo usiamo per tutto, ce lo abbiamo sempre a portata di mano, e credo che se nella realtà succedesse ciò che dà il la al libro di King, sarebbero molto meno numerosi coloro che eviterebbero il ‘contagio’.
Fortunatamente siamo ancora nell’infinitamente grande ambito delle ipotesi letterarie, dove tutto è concesso e anzi dove tutto è preteso, per rifuggire la noia.

Per molti lettori e kinghiani della prima ora Cell è uno dei lavori più modesti del re del brivido. Io non sono d’accordo con questi giudizi, ma capisco anche che questo autore ci ha abituati bene. E comunque il fatto che un romanzo che farebbe la fortuna di qualsiasi altro autore viene accolto tiepidamente dalla critica se sgorga dalla penna di King, credo la dica lunga sui parametri e sui valori autoriali di cui stiamo parlando.

Stephen King, Cell, Sperling&Kupfler, 2006

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