Lezioni di dialettologia, Mario Gabriele su Ze Péppe e u vasenecòle

10 30secondalezionedialettologiautenNOCI (Bari) - Il nostro dialetto è lo specchio del mondo. In alcune espressioni, parole, detti e proverbi, si celano letteratura e verità che vale la pena tirar fuori e tramandare, per renderci sempre più consapevoli di quanto esprimiamo ed ascoltiamo. Si tratta di quanto insegnato lo scorso venerdì 28 ottobre 2016 dal Centro Studi sui dialetti Apulo - baresi ai frequentatori della seconda "Lezione di dialettologia" dell'Uten. Dopo l'appuntamento dedicato al linguaggio delle piante, la nuova tematica discussa "in aula" presso l'auditorium dell'IISS Agherbino di Noci prendeva il nome "Entrare nelle parole: chi era ze Peppe e cosa racconta u vasenecòle - il vocabolario del dialetto napoletano di Ferdinando Galiani e il lessico di Noci". 

A condurre la seconda lezione prevista nel calendario di incontri, frutto della collaborazione fra le due associazioni culturali Centro Studi e Uten, lo studioso ed appassionato Mario Gabriele. Partendo da una famosa citazione d'Eraclito nella quale si annuncia che la verità ama nascondersi nelle parole, il relatore ha iniziato sul viaggio all'interno delle parole partendo dall'espressione "u guè da Madonne" (il guaio della Madonna) ritenendo che il rito legato al passaggio del neonato dal ramo della quercia per la cura dell'ernia, fissato per il 3 maggio, non fosse originario di Noci ma avesse origini antichissime addirittura Ittite poi diffusasi in Scandinavia, Inghilterra, Provenza, etc. 

10 30secondalezionedialettologiaDalle usanze alle parole. Mario Gabrile ha ritenuto doveroso spiegare le ragioni per per cui si usa dire che qualcuno può rischiare di morire di "maldiscigne" ovvero "da stupido". E quindi il tanto atteso "vasenecòle" ovvero il termine utilizzato ancora oggi per indicare il basilico dalla foglia larga. Il termine, ha spiegato Gabriele ripercorrendo la storia di una donna figlia di ricchi mercanti trascritta nel 1100 in Sicilia e poi ripresa dal Boccaccio nella 5° novella della 4° giornata del Decamerone, si riferisce alla pianta sotto la quale la fanciulla avrebbe nascosto la testa del suo amato Nicola, tristemente ucciso dai fratelli. 

Ze Pèppe, invece, termine utilizzato per indicare il ditale, deriverebbe da una storia già raccontata da Ferdinando Galiani in un vocabolario di dialetto napoletano, con la quale si faceva riferimento ad un personaggio 770esco basso e tozzo simile per forma e statura al ditale. E poi una lunga carrellata di verbi come "acchiare" (cercare per soddisfare il bisgno di una una donna in stato interessante); "assenecare" (diventare magro come lo stesso Seneca scriveva in una sua lettera) e così via. Un vero proprio mondo quindi quello che si cela dietro le parole che tutt'ora utilizziamo nel nostro dialetto e che sarebbe bene conoscere. 

Il prossimo appuntamento con le Lezioni di dialettologia a cura del Centro studi sui dialetti Apulo baresi è previsto per venerdì 4 novembre: Chiara Fasano e Giovanni Laera parleranno di "A frasche e u mire - miti storia e civiltà del vino" a partire dalle ore 17.30 presso l'auditorium Agherbino di Noci. 

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