NOCI – Ha preso il via lo scorso 7 settembre la XXII edizione di Settembre in Santa Chiara, il ciclo di conversazioni storiche organizzato dal Centro Culturale “Giuseppe Albanese” con il patrocinio del Comune di Noci e la collaborazione delle Associazioni “Terra Nucum”, “Puglia Treck&Food”; “Società di Storia Patria per la Puglia”, “Gruppo umanesimo della Pietra”, e Biblioteca Comunale. Ad inaugurare questa edizione è stato il Dott. Pasquale Gentile, massima autorità nel campo della storia locale. Di grande interesse l’argomento trattato: la storia di due elementi che caratterizzano fortemente Noci e il Centro Storico: Piazza Plebiscito e la Torre Civica, recentemente restaurata e ora ammirata e fotografatissima in tutto il suo splendore.
Ai saluti iniziali del Dott. Giuseppe Basile, direttore della Biblioteca Comunale, ha fatto seguito l’intervento del sindaco Francesco Intini, incentrato sull’importanza della storia, madre della cultura. Il primo cittadino si è detto convinto che una comunità non possa progredire senza prima guardare alla propria storia, prendendo esempio da come i nostri antenati hanno saputo districarsi e fronteggiare determinate avversità, ma anche a ciò che hanno saputo costruire. “Una comunità può vivere della propria cultura anche in termini economici se si escogitano i modi giusti per diffonderla”. E da quanto si è lasciato intendere, pare che l’amministrazione abbia in cantiere dei progetti importanti connessi proprio alla cultura, che saranno svelati a tempo debito. La parola è poi passata al Dott. Gentile, per svelare alla platea come noi nocesi siamo passati dall’essere un popolo di fatto senza territorio, assetato di una identità anche geografica a comunità coesa, stretta attorno a due elementi fondamentali: Piazza Plebiscito, dove ci si riunisce non per il mercato (come molti erroneamente credono) ma per prendere decisioni importanti riguardo alla vita cittadina, e la Torre civica, che meticolosamente scandisce il tempo e ne rammenta l’importanza con i suoi rintocchi. Ma la nostra identità comunitaria, noi nocesi abbiamo dovuto sudarcela letteralmente. Il desiderio di avere un proprio territorio è tale da costringere i cittadini della Terra delle Noci a usurpare porzioni del territorio mottolese, originando una lunga e drammatica serie di scontri (famosa è ormai la guerra delle 3 miglia). Oggetto di aspri contenziosi anche interni è la “parata del frutto pendente”. Una pratica agro-economica che si svolgeva dal 29 settembre al 13 dicembre (da San Michele a Santa Lucia) nei territori di Martina Franca, Noci e Mottola e che consisteva nella limitazione degli usi civici durante i suddetti mesi per la raccolta delle ghiande che sarebbero poi state rivendute ai cittadini o ai ducati limitrofi per accrescere così le ricchezze dei già facoltosi privati. Sfatando una volta per tutte un luogo comune ancora molto diffuso, a scapito del nome che porta la nostra città, furono le ghiande e non le noci a costituire una delle primissime fonti di ricchezza per la comunità.
Negli altri periodi dell’anno, i cittadini di Noci, insieme ai mottolesi, godono del diritto agli usi civici in comunanza sul vasto territorio tarantino. Il non avere un proprio territorio, fa sì che conducano una vita alquanto grama in quel periodo dell’anno. Si sussegue dunque una lunghissima e contorta exalation di contenziosi (anche molto sanguinari) che riguardano il rivendicato diritto all’assegnazione di un proprio territorio e i ricavi della parata del frutto pendente. Il diritto alla parata passa quindi al Comune, e la stessa sarà sospesa per il periodo che va dal 1748 AL 1770. Finalmente, nel 1791, la tanto agognata vittoria finale, con la quale viene sancito il diritto dell’Università (comune) a effettuare liberamente la parata. Gli effetti, in termini di crescita e progresso della comunità non tardano a farsi sentire. Grazie ai ricavi della parata del frutto pendente, infatti, vengono saldati numerosi debiti e viene avviata una importante serie di lavori pubblici. Questi ultimi includono: il restauro del Palazzo della Corte (poi rinviata); il finimento della facciata della chiesa madre; la realizzazione della piazza; la costruzione della torre dell’orologio e la basolata dalla piazza fino a Porta Putignano.
Nel 1823 partono già i lavori e si inizia appunto dalla Piazza, con la progettazione dell’Architetto Orazio Lerario, al quale subentrerà poi l’ingegnere Matteo Parente, inviato dalla soprintendenza provinciale.
Si inizia con l’adempiere alla necessità di una pubblica piazza, mediante l’acquisto e demolizione in economia delle botteghe e la vendita del materiale per recuperare parte delle spese. Non mancano di certo gli ostacoli, con molti proprietari che non vogliono vendere le loro case e le loro botteghe. Venendo alla Torre civica, su una delle case abbattute del Comune, vi è in realtà un orologio che i cittadini prendono come riferimento per il trascorrere delle ore. Il problema è che esso, privo dell’idoneo sostegno, non è più in grado di svolgere la sua mansione.
Di qui la necessità di progettarne uno nuovo. La nuova prospettiva, con lo sblocco dello stretto di via Santa Rosa (che rappresentava un pericoloso luogo di possibile agguato) conferisce un look del tutto differente alla piazza, trasmettendo un senso di maggior ordine e ampiezza. A fine ottobre del 1825, i lavori sono già più che a buon punto, ma ecco che accade l’imprevisto: il medico Vito Domenico Brisacani, proprietario della casa adiacente, chiede ed ottiene dal Giudice il blocco dei lavori. la loggia scoperta del secondo piano del corpo di guardia chiuderebbe una sua antica finestra; il fumo del camino costruito per il riscaldamento delle guardie filtra nella suo vano scala. Grazie all’intervento dell’Ingegner Parente, si riesce a raggiungere un accordo e finalmente i lavori possono ripartire. Proprio l’ingegnere Parente aveva ridisegnato la maestosa cupola, ritendendo più appropriato realizzarla in pietra piuttosto che in legno. Nel luglio del 1827, l’orologio costruito da Ferdinando Mincione di Caserta viene installato in cima alla torre. Lo sfortunato orologiaio, passerà però a miglior vita senza incassare parte del suo compenso.
Nel 1845 crollano alcune colonne, tempestivamente sostituite. Causa intemperie, nel 1900, ulteriore crollo di altre colonne, demolite previa consulto di cinque ingegneri. Si provvede celermente al consolidamento dell’opera architettonica. Oggi, la nostra Torre Civica, guardiana e testimone di tanta parte della nostra storia, si mostra in tutto il suo splendore. Uno splendore ritrovato grazie ai recenti lavori di restauro. Dato che, appena ultimati gli stessi, i social hanno iniziato a riempirsi di foto con la Torre sullo sfondo, è senza dubbio utile conoscerne anche la storia. In conclusione di serata, Pasquale Gentile ha voluto omaggiare la cittadinanza con una delle “chicche storiche” che solo lui sa reperire grazie a una incessante e appassionata ricerca. Si è trattato infatti della primissima cartolina a raffigurare la Torre Civica, datata 1900. Fu indirizzata alla baronessa dei Principi di Castagneto, a Napoli. ci piace mostrarvela qui di seguito.