L’impegno dei cristiani laici nella vita pubblica

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Lettera di Papa Francesco al Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina

         Papa Francesco, con una lettera del 19 marzo 2016, pubblicata il 27 aprile 2016 (cf L’Osservatore Romano, 27.4.2016, 8), fa presente al Cardinale Marc Armand Quellet (Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina) lo stato di salute ecclesiale dell’impegno dei cristiani laici nella vita pubblica. L’orizzonte entro cui Papa Bergoglio colloca il suo insegnamento è quello dell’ecclesiologia conciliare, considerata soprattutto attraverso l’immagine biblica del popolo di Dio (cf Lumen gentium nn.9-17).

         Prima di essere chierici (=vescovi, presbiteri e diaconi) e laici, tutti i cristiani sono battezzati: quest’ontologia di grazia appartiene ad ogni battezzata e ad ogni battezzato che diventa, così, figlio di Dio e, in virtù dello Spirito del Risorto, fratello del Signore. In questo senso, “Un pastore – dice il Santo Padre – non si concepisce senza un gregge, che è chiamato a servire. Il pastore è pastore di un popolo, e il popolo lo serve dal di dentro. Molte volte si va avanti per aprire la strada, altre si torna sui propri passi perché nessuno rimanga indietro, e non poche volte si sta nel mezzo per sentire bene il palpitare della gente”. In altre parole, il sacerdozio ministeriale è a servizio del sacerdozio comune dei laici i quali se non sono evangelizzatori nella vita pubblica di ogni Paese non lo sono a causa della scarsa “formazione al bene comune”: formazione di cui sono responsabili i Pastori e i presbiteri. L’ecclesiologia popolare del Papa è, perciò, il primo scalo educativo e propositivo per costruire un’adeguata coscienza clericale e laicale, capace d’animare evangelicamente la società e per dare un’anima etica alla vita pubblica. Di conseguenza, ogni clericalismo dei Pastori e ogni laicismo dei battezzati sono da eliminare poiché per la Chiesa cattolica ogni ministero ecclesiale è un servizio da donare  e non uno spazio da occupare.

         E’ l’ora dei laici ma sembra che l’orologio si sia fermato: quest’amara constatazione di Papa Francesco sta a significare che la pastorale popolare in America Latina non è all’altezza dell’odiernità che reclama una sana laicità e una pietà popolare ecologicamente adeguata. Il privilegio clericale e il devozionismo disincarnato sono due facce della stessa medaglia poiché i Pastori non devono confondere il potere religioso  col potere politico mentre i laici non devono confondere la spiritualità della secolarità con l’ascesi inefficace. “Oggigiorno – sottolinea il Vescovo di Roma – molte nostre città sono diventate veri luoghi di sopravvivenza. Luoghi in cui sembra essersi insediata la cultura dello scarto, che lascia  poco spazio alla speranza. Lì troviamo i nostri fratelli immersi in queste lotte, con le loro famiglie, che cercano non solo di sopravvivere, ma che, tra contraddizioni e ingiustizie, cercano il Signore e desiderano rendergli testimonianza. Che cosa significa per noi pastori il fatto che i laici stiano lavorando nella vita pubblica?”. Ecco, il Santo Padre entra nel vivo della nuova evangelizzazione, a forte valenza pubblica: rendere presente il Signore là dove Egli non può esserlo se non per mezzo dei fedeli laici, dice che la dottrina sociale della Chiesa dev’essere conosciuta e praticata da tutto il laicato cristiano, individuale, familiare ed aggregato in associazioni, movimenti, gruppi e comunità. Come parte integrante dell’evangelizzazione, la dottrina sociale della Chiesa fa l’opzione privilegiata per i poveri e per le “periferie esistenziali”. Inoltre, essa insegna che l’ordine morale della società si stabilisce attorno ai quattro valori universali della verità, della libertà, della giustizia e della solidarietà. Nella vita pubblica i fedeli laici hanno il compito, non più rimandabile, d’instaurale la civiltà dell’amore dove regna il dono, il perdono, la misericordia e la compassione. Non un laicato dormiente e tiepido serve alla Chiesa cattolica del nostro tempo ma un laicato missionario e grintoso, gioioso e fraterno.

         In questo contesto generale della società civile è presente una grande moltitudine di persone che cercano Dio, che sperano contro ogni speranza e che si affidano alla forza del sacro. Ebbene, per dare risposte cristiane a queste situazioni della vita comune, il Papa chiede ai fedeli laici un supplemento d’amore perché la presenza del Signore non deve essere fabbricata, ma scoperta, svelata. “Dio – continua il Pontefice – non si nasconde a coloro che lo cercano con cuore sincero (Evangelii gaudium n.71)”. Tra la fede esplicita e la fede anonima c’è una certa correlazione che i fedeli laici devono evidenziare: il Signore è vicino a chi Lo cerca se chi lo cerca Lo ha già trovato e lo rende visibile e trasparente. E’ la limpida testimonianza dell’amore pasquale, che “si prende cura” degli “avanzi urbani”, a far veicolare l’energia eucaristica e dello Spirito Santo che tutto trasforma e tutto converte: cercare il Regno di Dio, trattando e ordinando, secondo Dio, le cose temporali (Lumen gentium n.31) non è, per il laicato cattolico, un’utopia secolarista.Infatti, i fedeli laici sono chiamati direttamente da Dio – e non dai Pastori – ad evangelizzare la vita pubblica, con un’azione contemplativa e con una contemplazione attiva: su questo terreno apostolico, non ci sono scorciatoie riduzioniste, relativiste e disfattiste.

         “Nel nostro popolo – conclude il Pontefice – ci sono chieste di custodire due memorie. La memoria di Gesù Cristo e la memoria dei nostri antenati. La fede, l’abbiamo ricevuta, è stato un dono che ci è giunto in molti casi dalle mani delle nostre madri, delle nostre nonne”. La trasmissione della fede e l’ancoraggio alla storia dicono, senza ambiguità, che non bisogna sradicare la vita dei cristiani laici dal Santo Popolo fedele di Dio: la trasmissione e la tradizione della fede sono le due ali che i laici hanno per poter discernere “i segni dei tempi” nella vita pubblica: vita, a volte, corrotta e poco ospitale, burocratizzata e abitata dal malaffare. Perciò, affinché i laici non ristagnino nella palude dell’ozio, è necessario che i Pastori siano messi nelle condizioni d’esplicitare il triplice ufficio d’evangelizzare, di santificare e di governare. Insieme alla cifra popolare dell’ecclesiologia storico-dinamica di Papa Francesco è indispensabile, allora, ripensare al servizio tenero che la Chiesa cattolica deve esercitare nel mondo: servizio di comunione tra Pastori e laici al fine d’offrire una speranza affidabile in una società disperata, dove già vivono le cosiddette “generazioni perdute”

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