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Zona industriale in “trasparenza”: tra accessi complessi e files “corrotti”

03 26 CS 23 Zona industriale 1NOCI (Bari) -  Venerdì 15 marzo 2019, presso la Biblioteca Mons. Novembre, le studentesse del team Asoc1819 “Re-Start?” dell’IIS “Da Vinci – Agherbino” hanno incontrato e intervistato il prof. Novembre, direttore della testata giornalistica online Noci24.it, e il Senatore Piero Liuzzi, sindaco pro tempore dal 2003 al 2013, al fine di una ricostruzione storico–amministrativa dell’opera pubblica di potenziamento e completamento infrastrutturale a supporto della zona industriale e della zona artigianale - cod. 2YPDMQ oggetto di monitoraggio da parte del gruppo di lavoro in particolare negli anni 2012 – 2015 corrispondenti all’erogazione dei finanziamenti dell’opera pubblica.

03 26 CS 23 Zona industriale 2Sulle premesse della nascita dell’area di interesse si è compreso che prima del Fondo di rotazione di euro 1.666.204,18 erogato a favore del Comune di Noci la nostra amministrazione è riuscita ad ottenere un importo di 2,5 milioni di euro grazie alla partecipazione al Patto Polis del sud-est barese. Il Patto Polis è una società limitata a scopo consortile che ha come oggetto delle propria attività realizzare, recuperare e valorizzare opere e infrastrutture nel quadro delle iniziative destinate allo sviluppo locale. La società al fine di realizzare gli scopi sociali attiva risorse finanziarie per consentire l’anticipazione e/o il cofinanziamento di eventuali contributi statali regionali e comunitari, compresa la promozione del ricorso a eventuali sovvenzioni globali. Grazie al Patto Polis il Comune di Noci ha realizzato la rete dei servizi, idrica e fognaria, insieme al cablaggio, ed ha provveduto a pagare gli espropri per realizzare le strade. Facendo un passo indietro sulle origini storiche delle z.i. e z.a. l’intervista all’arch. Giocovelli del 7 febbraio ha permesso di comprendere che nel nostro paese il rapporto tra città e campagna è sempre stato molto rigido sul piano economico: l’attività in campagna era produttiva, in città si concentrava invece il commercio e il consumo. Nel 1878 l’arch. S. Simone decise di suddividere la zona delle clarisse in tre zone che sono le odierne piazze. Intorno al 1886 con il piano regolatore dell’ing. V. Ventrella la città vuole creare delle zone specifiche destinate alle attività economiche e non solo; in quegli anni nacque la piazza del mercato “Largo Fiera” e il quartiere San Domenico venne dedicato a funzioni amministrative, dove vennero fissate le sedi della pretura e dei carabinieri.  Sono dei primi del ‘900 le immagini della presenza di industrie grazie alla diffusione della fotografia: sono pervenute immagini del mulino Lenti dove il grano veniva trasformato in farina, del mulino De Tintis, e anche dell’importante stabilimento topografico Cressati dove oltre lo spazio produttivo vi era anche lo spazio residenziale. È nel 1977 che con il primo piano regolatore che le prevede, elaborato dall’Arch. Carbonara, si parla di z.i. e z.a.  Nel secondo piano regolatore del 1992 vennero confermate le previsioni del p.r. precedente ovvero la divisione per usi specifici del territorio con l’obiettivo di arginare le immissioni delle sostanze nocive prodotte dalle imprese che non dovevano toccare le zone abitative. Attualmente la zona industriale ha bisogno però di essere potenziata, ottimizzata e allineata con quelle che sono le attuali esigenze. In relazione all’opera pubblica monitorata, nel 2012 infatti inizia l’erogazione di € 1.666.204,18 (Fonte: OpenCoesione) da fondo di rotazione (fondi comunali, comunitari e regionali) destinata al potenziamento e al completamento dell’area industriale con particolare attenzione alla realizzazione dei marciapiedi, dell’illuminazione a led, delle rotonde e dell’asfalto. Ma prima di questo, gli interessati all’area industriale a fini imprenditoriali stipulavano un Accordo di programma con l’ente locale servendosi dallo Sportello unico, in questo modo l’imprenditore intenzionato a realizzare un infrastruttura destinata alla produzione e  all’occupazione poteva accordarsi - in deroga ad alcune norme che vincolavano l’avvio delle attività produttive in una specifica zona industriale - con la pubblica amministrazione che, però, si riservava di valutare la convenienza del progetto e della proposta imprenditoriale, alla luce degli obiettivi di sviluppo economico e sociale, prioritari a livello locale. La P.A. poteva rigettare la proposta di accordo in caso il progetto si fosse mostrato mancante di una sua validità sul piano economico e occupazionale per il territorio.

03 26 CS 23 Zona industriale 3La zona industriale nocese si è sviluppata in un tempo molto lungo, ben 35 anni destinati alle urbanizzazioni necessarie, alla valutazione e alla scelta dei vari accordi di programma anche in altri punti del territorio come nelle campagne perché, purtroppo, non vi erano aree appetibili sul piano economico nella nostra zona industriale in ragione dei prezzi praticati. È stato difficile mettere su la z.i., ha rischiato in molte situazioni di essere abbandonata. La stessa necessità del suo ampliamento nasceva dalla considerazione della richiesta cospicua di insediamenti produttivi, richiesta che però si scontrava puntualmente con i costi dei suoli che ha determinato la fuga degli imprenditori da un lato o l’acquisto di un suolo agricolo dall’altro che implicava è vero un obbligo di conversione ma un minor investimento economico. Sul paino teorico a fronte delle richieste di avvio di attività produttive i suoli disponibili della z.i. addirittura non erano sufficienti; tant’è che due studi di fattibilità sull’ampliamento dimostravano la sua necessità, ma ad oggi, e concretamente, come dimostrano i dati molti capannoni sono vuoti, evidenziando il sottoutilizzo dell’aera.

Resta aperto il quesito su quale sarà il destino dell’area industriale che ha, nella sua storia, vissuto diverse fasi evolutive. Prima fra tutte quella legata alle problematiche della crisi economica congiunturale del 2008 2009 che è stata, inevitabilmente, la causa prevalente della chiusura di molte attività. Tra le tante altre fasi attraversate si considerino anche quelle in cui alcuni privati non erano intenzionati a vendere o ad avviare attività produttiva, o praticavano prezzi troppo alti di lotti e capannoni spingendo così gli imprenditori, intenzionati ad avviare un’attività, a trasferire il proprio impianto in un’altra z.i. lasciando asfittica la nostra. Pensare a una crescita dell’area industriale osservando la nostra realtà anche considerando il tasso di crescita della popolazione nocese risulta difficile, visti i dati negativi relativi alle nascite. Un aspetto economico appetibile potrebbe essere rappresentato dall’economia asiatica che determinerebbe forse un rilancio dell’area nel momento in cui si dovesse definire il protocollo con la Cina. Negli ultimi anni, nel tentativo di riavviare l’area, si sono utilizzati i capannoni come magazzini da parte di imprese che hanno fissato nella nostra area industriale la piattaforma logistica come alcune grandi società italiana operanti nella grande distribuzione organizzata. Il valore aggiunto di un magazzino, di certo, non è quello di un’impresa che produce perché non implica un processo produttivo quindi non implica un determinato numero di assunzioni, unico aspetto che può determinare sviluppo in un territorio.

03 26 CS 23 Zona industriale 4Come proiezione sul futuro, allo stato servirebbe prendere una seria iniziativa prevedendo un tavolo di stakeholders al fine di promuovere un’attività di concertazione tra Università, Regione, Politecnico Camera di commercio, Banche, cittadini e imprenditori; procedere con esproprio per pubblica utilità al fine di intervenire nella intermediazione nella domanda e offerta di suoli, perché i costi tropo alti praticati negli ultimi anni non favorirebbero gli interventi nell’area. Accanto agli espropri si potrebbe prevedere un’ipotesi di tassazione su suoli non utilizzati in modo da spingere i proprietari alla vendita, o all’avvio di un’attività. C’è da sottolineare che l’intervento di una pubblica amministrazione sul tessuto socio economico territoriale è parziale perché l’amministrazione non è un ente economico ma può di certo stimolare un’inversione di tendenza favorendo l’incontro, la collaborazione e il dialogo tra i diversi portatori di interessi locali.

 

Team ASOC1819 Re-start?

IIS “L. da Vinci – Agherbino”

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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