NOCI (Bari) - La memoria, il fondamento dell'identità dell'uomo. Una qualità inestimabile da non affidare all'oblio perchè considerata prezioso talento da spendere per affrontare il presente ed il futuro. Un concetto che il Centro studi del dialetto nocese si è sforzato di trasmettere, lo scorso sabato 7 febbraio, per celebrare il settantesimo anniversario dalla liberazione di Aushwitz. Un incontro che ha aperto le porte anche e soprattutto al rapporto tra memoria ed identità con altre culture, prima fra tutte quella ebraica.
Organizzata nei locali dei laboratori GLan di Noci, l'ultima iniziativa del Centro Studi del dialetto nocese è stata concepita con l'intento di trasmettere attraverso un ex cursus storico e letterario l'importanza della memoria nella vita dell'uomo. Un aspetto che si ritrova anche nelle radici semantiche di alcune parole italiane, e non a caso anche in quelle dialettali nocesi. "Dimenticare", ha difatti precisato Giovanni Laera, membro del centro studi, introducendo la serata, "deriva dal latino dementicare e significa impazzire. Scordare, a sua volta, significa allontanare dal cuore". Tutte parole che son servite ad attestare come, da sempre, l'uomo abbia cercato di ricordare e di affidare la sua vita ed i suoi obiettivi alla memoria. Fra i concetti affidati alla memoria rientrerebbe anche il rapporto con l'altro, il tema dell'ospitalità e dell'accoglienza di cui, già con la letteratura omerica si sente parlare. "Il valore della Xenia", ha difatti continuato "è presente in tutte le culture, anche in quella nocese (vedi il verbo "scrrè") ma prima di tutto nella lingua yiddish in cui troviamo parole contaminate da molte altre lingue e culture. La cultura yiddish è infatti un capolavoro di umanità, priva di nazionalismo, militarismo". Una cultura cui artisti e letterati si sono ispirati come nel caso di Marc Chagall e Yitzhak Katzenelson, autori de "La crocifissione bianca" (immagine riportata nella locandina dell'evento) e "Il canto del popole ebreo massacrato", opera da cui sono state estrapolati brani tradotti in dialetto nocese passando "da un dialetto all'altro", appunto.
Al introduzione di Giovanni Laera, intervallata a sua volta dalla lettura di alcuni brani e poesie ad opera di Angela De Grazia, Pietro Gigante, Francesco Galassi, con musiche di sottofondo di Francesco Sgobba Palazzi, è suito l'intervento di Mario Gabriele, altro membro e fondatore del centro studi. Egli, attraverso alcuni esempi alquanto significativi, ha cercato di estrapolare con detti ed aspetti storiografici elementi di ebraismo nel dialetto nocese. L'espressione "a ches appccièt mitt fuèc" (ad una casa in fiamme applica altro fuoco- espressione negativa che sottolinea come al male già esistente se ne può aggiungere dell'altro- l'ebraismo ha difatti visto sempre fuoco, persecuzione) ne è un esempio. Un intervento alquanto interessante che si è concluso altresì con un riferimento al comunismo biblico e con un omaggio ai liberatori di Aushwitz, gli uomini dell'armata rossa. Con l'iniziativa di sabato scorso il Centro studi ha infine aperto le adesioni a tutti i cittadini interessati.