Pagine di Storia - Conosco la storia di Teresina da una quindicina d’anni. In una libreria antiquaria di Bologna, nella scarna mensola della Puglia, intravedo un libricino salvaguardato in una busta cellofanata. Non mi lusinga il titolo: Un fiorellino eucaristico sul Monte Amiata, suor Teresa Campanella, Francescana. Mi fa sobbalzare l’appiccicata etichetta: Raro - Biografia di una suorina nata in Noci, provincia di Bari. È sufficiente leggere il nome del mio paese per far buon viso all’alto prezzo. Il libricino è del 1945. La stampa in tempo di guerra - mi dico - gli rende valore ed importanza. Colpo grosso, quindi, per la spasmodica collezione di ‘carte’ della mia terra. È la storia di una ragazza di Noci che si fa suora e che, giovanissima, muore in concetto di santità.
Lo sfoglio per strada. Cerco, come al solito, l’indice. In ultima pagina, l’autore p. Eugenio Ramazzotti avverte: ...Tutto ciò che narriamo è stato veduto personalmente o riferito a voce o per iscritto da testimoni degni di fede. È la spinta per leggerlo d’un fiato. A Noci, vado oltre. Cerco altre notizie. Trovo i diretti parenti. Qualcuno ammette un tenue ricordo di una ‘santa’ al tempo della guerra. La ricerca affascina.
Rosaria Campanella nasce a Noci, in via San Sebastiano, da Michele e Paola Pastore, ambedue contadini, il 22 aprile del 1922. Il battesimo in chiesa madre il 2 maggio. Madrina, l’ostetrica Maddalena Fusillo.
A quattordici anni, vuole farsi suora. I genitori sono contrari. Rosaria insiste. La mamma parla con Giulia detta “la monaca” la quale, nell’aprile del 1937, scrive al convento di S. Fiora. Giugno 1937, il padre cede. Il 4 luglio, Rosaria entra nel monastero di clausura delle Clarisse Cappuccine di Santa Fiora, in provincia di Grosseto. A casa lascia i genitori, quattro fratelli e due sorelle.
A Santa Fiora, c’è già un gruppo di suore nocesi: cinque coriste ed una conversa partite, diversi anni prima. A Noci è intensa la presenza di un gruppo di terziarie francescane diretto da don Peppino Curci. Le consorelle compaesane sono suor Teresa (al secolo Giovanna) Gentile nata nel 1904, in monastero dal 1932, deceduta nel 1984; suor M. Angelica (Marta) D’Aprile nata nel 1896, in monastero dal 1936, deceduta nel 1963; le sorelle suor Santina (Santa) e suor Maria (Angela) Sabatelli nate, rispettivamente, nel 1905 e nel 1907, decedute il 1976 e il 1988; suor Maria Luisa (Elisa) Fusillo entrata in convento nel 1935; suor conversa Francesca (Rosabetta) Gigante nata nel 1911 e morta nel 1954.
In convento, Rosaria giunge soltanto con la pagella della prima elementare. Un’insegnante volontaria le impartisce alcune lezioni. Con diligenza e ingegno impara a leggere e a scrivere per quanto sia sufficiente ad una suora conversa.
La vestizione avviene il 4 dicembre del 1938: Rosaria ora si chiama suor Teresa del Bambino Gesù. Mostra un aspetto modesto e sereno: un lieve sorriso sfiora abitualmente le sue labbra. Sensibilissima di natura, incapace di adirarsi: la sua presenza reca gioia e rispetto. In lei nulla si nota di leggero, artefatto e mondano.
Timida nei primi tempi, poi franca e abile nel conversare e nel trattare con tutti. La contessa Giuseppina Messea, affascinata dal suo modo gentile ed educato di parlare, crede che appartenga ad una famiglia distinta. Quando si reca nei paesi per la questua, i benefattori fanno a gara per averla ospite. La semplicità è la nota dominante della sua vita e del suo carattere: anima ingenua, schietta e senza malizia ...semplice ed ingenua, ma sveglia e pronta di spirito.
Inizia il noviziato, iniziano le sofferenze, inizia il cammino verso la santità. Nell’inverno del 1939, avverte vaghi ed intermittenti dolori al ventre che, nel mese di luglio, diventano più acuti e continui sulla sinistra. Durante la notte accusa un senso di soffocamento, pesantezza e giramenti di testa. Presa dalla paura di essere rimandata a casa, nasconde a lungo la malattia. Le consorelle, comunque, si accorgono del suo stato di salute ed avvertono la Badessa che impone una visita medica. Il medico Luigi Bonacchi, diagnostica delle cisti giovanili. La cura (durante la notte una ‘vescica’ di acqua calda sulla pancia) non produce alcun beneficio. Non si crede più alle medicine, si spera in intervento divino.
Le consorelle pregano. Suor Teresa si rivolge al miracoloso crocifisso della chiesa del convento. Alle ore 4.00 del 23 ottobre 1939, le suore entrano in coro per le lodi: suor Teresa è già al suo posto, serena, felice, perfettamente risanata. Prima di ricevere la comunione, sussurra alla maestra: Il Crocifisso, assistito dalla Madonna dell’Ansidei, è venuto e mi ha guarita.
La guarigione rimane segreta: è a conoscenza soltanto la maestra e il confessore. Un accenno indiretto lo si legge nel libricino della biografia. Un velo di silenzio nasconde la miracolosa guarigione per lunghi anni. Lo rimuovo grazie al ritrovamento di alcuni documenti tra i quali una lettera della compaesana suor Angelica D’Aprile (fornitomi dalla compianta sua nipote Margherita, figlia del fratello Giuseppe) la quale racconta alla propria famiglia Cose rilevanti della vita di suor Teresa.
Recuperata la salute fisica, nonostante un carattere vivace e l’inclinazione al sorriso, suor Teresa mostra una serietà ed un portamento edificante: si accentua il suo amore alla pietà, alla vita regolare e al silenzio. In lei fioriscono tre grandi devozioni: per la Madonna dalla quale - racconta, - riceve benefici e favori indimenticabili; per il Crocifisso del quale ammette di ascoltare la voce e per l’Eucarestia per la quale è disposta a qualsiasi sacrificio. Il giorno dell’Immacolata del 1939, lei e la sua compaesana suor Francesca Gigante emettono, rispettivamente, la prima professione temporanea e i voti perpetui.
Nel gennaio del 1940, appare una misteriosa malattia. Suor Teresa avverte la sensazione di avere enormi e schiaccianti pesi sul capo, di ricevere dolorose e ripetute percorse sulla testa, sulla faccia, sul petto e sulle gambe; cade spesso a terra, svenuta o in piena conoscenza; rumori assordanti disturbano l’udito; spesso rimane completamente sorda (negli esercizi spirituali del novembre 1941 lo è per 8 giorni); l’insonnia la tormenta tutte le notti e, per di più, non può ingerire né cibo, né bevande. Alla comunione non riesce ad ingoiare la particola per cui è costretta a rimetterla. Il confessore provvede a raccoglierla da terra con il purificatorio e, di conseguenza, le vieta di fare la comunione. I frammenti raccolti e conservati in una pisside si ricompongono miracolosamente.
Il biografo riporta alcuni ‘momenti’ soprannaturali che non sfuggono ad una consorella che convince Teresa a raccontarli al Confessore. Febbraio 1941: la Vergine Maria dice che i demoni la tormenteranno in diverse maniere dal primo venerdì di marzo fino alla santa professione. Essi vorrebbero levarvi da questo santo monastero.
Tutto si avvera. Dal primo venerdì di marzo 1941 al 30 giugno 1943, giorno della sua professione perpetua, le crisi la tormentano quando si accosta al confessionale, nelle preghiere comuni, quando pulisce la chiesa. Al contrario, il male non la colpisce fuori dal convento, quando è in giro per la questua: si confessa, si nutre e riposa senza inconvenienti. Il 30 giugno 1943, suor Teresa emette i voti perpetui. Finiscono i tormenti.
Le notizie delle vita monastica e delle sofferenze di suor Teresa, per via della guerra e delle umili condizioni della famiglia, giungono a Noci in maniera frammentaria e per via indiretta. È suor Angelica D’Aprile che passa qualche notizia sulla santa creatura sua compaesana che è il fiore della Comunità. È lei che “manda” suo fratello Giuseppe a far visita ai parenti.
Nel giugno del 1944, gli angloamericani bombardano Santa Fiora: le monache si rifugiano, con gli abitanti del paese, nella galleria dell’acquedotto. Suor Teresa, con due consorelle, non si muove: resta a guardia del Crocifisso miracoloso, della Madonna e del tabernacolo. Il monastero è colpito due volte: la chiesa, però, è salva.
20 ottobre del 1944, un’ultima malattia la colpisce di nuovo. La febbre è altissima. Pesante la diagnosi: pleurite e febbre maltese. Dal 7 gennaio del 1945 non abbandona più il letto. Il 5 marzo il ricovero presso l’ospedale di Grosseto. Giorno 13, le condizioni peggiorano per cui ‘ritorna’ a Santa Fiora. Il giorno dopo vaneggia ma, spesso, è cosciente. 15 marzo alle ore 17,40: somministrata l’estrema unzione, le Suore in coro cantano oh salutaris hostia. Suor Teresa è in cielo. Ad assisterla il padre spirituale Ludovico Bardini che così racconta gli ultimi istanti della sua vita: ...mi dà uno sguardo, mi sorride...muove le braccia verso il cielo, chiude la bocca, fissa gli occhi in alto e rende la bell’anima al Creatore!
Al funerale partecipano centinaia di persone, per la maggioranza ragazze che fanno a gara per portare anche per breve tempo la cassa che racchiude la salma sorridente di Teresa Campanella stimata da tutti un santa vera. Che sia tale lo sottoscrivono i direttori spirituali p. Eugenio, p. Ludovico e il confessore p. Gaetano Faccini. Le spoglie vengono deposte non in terra, ma in un loculo ceduto ‘di cuore’ da una famiglia affezionatissima al monastero.
La badessa di Santa Fiora comunica alla famiglia la morte di suor Teresina con una lettera inviata al fratello di suor Angelica Giuseppe D’Aprile. La spedizione è del 17 marzo, ma a Noci, benché affrancata per espresso, ritardata dalla Censura, giunge soltanto a fine mese: Stimatissimo Sig.re, come vede la nostra amata suor Teresina è già deceduta, si vede che era un bel fiorellino che non poteva più stare su questa terra, e doveva essere trapiantato in Cielo. Per salvarla, si sono fatte spese non indifferenti, e si è pregato e fatto pregare, ma tutto è stato inutile, Gesù l’ha voluta con sé. Si è pensato di mandare a Lei questa lettera perché prima di consegnarla disporrà un po’ gli animi di questi poveri genitori, ma se sapesse anche per noi che separazione dolorosa... Si voleva dare quest’incombenza al reverendo canonico Curci ma si pensa che sia malato perché gli si è scritto due volte e non ha risposto... farà il favore di darle Lei questa notizia così agli altri parenti delle sorelle. P. S. Può dire in segreto ai genitori di suor Teresina che la Madonna le aveva detto che dopo la professione l’avrebbe presa presto e si è avverato.
La voce sulla morte di una giovane santa suora supera i confini di Santa Fiora. In molti cercano di conoscere la sua ‘storia’. Padre Eugenio Ramazzotti del convento francescano de La Verna (Arezzo), confessore del monastero di Santa Fiora, nello stesso anno 1945, munita di tutti i necessari imprimatur delle autorità religiose, stampa nella tipografia del suo convento la biografia (90 pagine). Non racconta, comunque, del tutto alcuni avvenimenti soprannaturali non potendo e non essendo autorizzato.
Nel 1947, p. Ramazzotti avvia il lavoro per una più approfondita seconda edizione. Ascolta testimoni, consorelle alle quali chiede testimonianze scritte. Cerca notizie a Noci tramite Giuseppe D’Aprile il quale le raccoglie con ponderatezza. Interessante la corrispondenza. La pubblicazione, però salta. Cala un profondo silenzio. Sopraggiungono disposizioni superiori. Lo dichiara chiaramente, dopo molti anni, nel 1979, un sacerdote di Santa Fiora, padre Giulio Bendinelli, cappellano del monastero delle Clarisse cappuccine. In una lettera indirizzata alla sorella Maria di suor Teresa così scrive accompagnando l’invio del libricino: ... E’ questa l’unica copia disponibile. Ne rimangono poche altre in condizioni un po’ migliori, ma che contengono inseriti scritti a mano di autorità religiose che in quegli anni esaminarono questa piccola vita, e altri documenti che si riferiscono a fatti accaduti intorno a sua sorella. La lettura di queste pagine ingiallite la consoleranno e saranno un compenso al fatto di non aver conosciuto la piccola Rosaria e di averla poi perduta così presto. Mi permetto di chiederle di riserbare per sé e per gli stretti familiari la lettura di questo scritto. In ogni modo ne permetto la lettura a persone sagge e prudenti. A quei tempi (1945 – 1946) ci fu la speranza di una possibile glorificazione da parte di Dio. Poi tutto fu messo a silenzio per disposizioni superiori. Sono passati 34 anni dalla morte di Rosaria (detta qui suor Teresina). Che il Signore Dio avesse dei disegni particolari per lei il tempo è sempre a sua disposizione...
Nel 1999, un nocese residente a Milano, Giuseppe Guagnano si porta a Santa Fiora, rinviene la tomba, rintraccia alcuni parenti ed organizza la celebrazione di una messa di suffragio alla quale partecipano i parenti e gli amici giunti numerosi da più parti. Il sig. Guagnano da piccolo conosce la ‘storia’ di suor Teresa la cui mamma è nipote di sua nonna Margherita Marangi: per anni lo tormenta il pensiero che, per colpa della guerra, sia morta da sola senza parenti accanto. Scrive ancora Guagnano: dal buon seme nasce buon frutto e da quel giorno la presenza di suor Teresa mi è vicina costantemente.
Sono in vita, ancora, un fratello (…Anuccio, 90 anni) e alcuni nipoti che raccontano la costante ‘presenza’ tra loro di suor Teresina.
Suor Teresa Campanella da Noci può considerarsi una santa pur senza aureola... Santa per la sua vita. Santa per le consorelle e per coloro che a lei si rivolgono. È santa per i suoi famigliari che da lei si sentono protetti. È santa per chi devotamente custodisce in segreto una sua reliquia.
Noci ha il dovere - civico e religioso - di conoscerla e di esaltarla. Chissà che non si sdebiti in questi giorni di pubblica angoscia.