NOCI (Bari) – Avere solo 22 anni e ad aver raggiunto così presto un importante traguardo può talvolta generare confusione o persino smarrimento. La cosa importante è non perdere mai di vista i propri obiettivi ed essere consapevoli, quanto grati, delle difficoltà che si sono superate per arrivare al traguardo. Roberto Colucci, oggi chef di un ristorante italiano a Mont Saint Martin, in Francia, ha soli 22 anni ma ha già dovuto fare i conti con i momenti difficili che la vita inevitabilmente pone sul nostro cammino. Orgoglioso di se stesso e grato a chiunque lo ha guidato nel suo percorso, oggi Roberto trae maggiori soddisfazioni dai sorrisi dei suoi clienti.
Quali ricordi conservi del momento in cui hai deciso di affiancarti al mondo della ristorazione?
Ho dovuto affrontare non poche difficoltà nella mia vita quotidiana e familiare, che hanno inciso sugli inizi della mia piccola, e spero lunga, carriera.
Sono sincero, inizialmente la professione del cuoco non rappresentava la mia prima aspirazione, ma dopo, lavorando con i miei professori dell’Istituto alberghiero che allora frequentavo, toccando con mano quella realtà e facendo le mie prime esperienze nella zona tarantina (presso la sala ricevimenti Villa Petruscio e al ristorante stellato La Strega) iniziai a capire che qualcosa stava cambiando dentro la mia testa. Vedevo la cucina come un posto sicuro, una seconda casa dove sentirmi a mio agio; così con la passione che cresceva ogni giorno sempre di più e con il forte desiderio di dare un senso alla mia vita, decisi di intraprendere senza più alcun dubbio la strada della ristorazione.
Dopo una breve esperienza all’estero, torni ancora una volta in Italia…
Avevo solo 18 anni quando sono partito a Bruxelles: l’estero mi ha sempre affascinato così come viaggiare per scoprire e conoscere nuove terre. Ho vissuto lì quasi per un anno, ho lavorato in due ristoranti molto rinomati, di cui uno situato alla “grand palace”, la principale piazza di Bruxelles.
Purtroppo il mio percorso in questa città non è stato tutto rose e fiori: sono andato via dopo solo qualche mese dal primo ristorante a causa di disguidi economici e lavorativi e di promesse mai mantenute da parte dei proprietari. Così, rimasto senza lavoro, trovai un annuncio sul giornale di una pizzeria italiana alla ricerca di un pizzaiolo. Anche non avendo mai svolto questo ruolo, decisi, spinto anche dal timore di restare senza lavoro, di lanciare una nuova sfida a me stesso. Per alcuni mesi le cose sembravano procedere per il verso giusto, fino a quando ho incontrato gente sbagliato che ha intralciato il mio percorso. Mi furono fatte grandi promesse, che mi spinsero a lasciare anche quel lavoro, ritrovandomi però con un pugno di mosche in mano. Scoraggiato e senza lavoro, decisi di ritornare a Noci.
Al tuo rientro in Italia, sei riuscito sin da subito a reinserirti nel mondo del lavoro o hai incontrato alcune difficoltà?
Posso dire di non aver riscontrato grandi difficoltà, nonostante la crisi che da anni incombe sulla nostra bella Italia. Ho trovato sempre qualche extra e ho lavorato per più di un anno dal momento della sua apertura al ristorante Chapeau, affiancando lo chef Francesco Laera. Qui a Noci ho sempre trovato persone pronte ad accogliermi e tal proposito non posso non menzionare uno dei miei primi maestri, lo chef Fabrizio Turi. Nel suo ristorante ho trascorso un bellissimo e indimenticabile anno lavorativo, dove oltre a trovare degli amici, ho trovato una vera e propria seconda famiglia.
Nel 2014 ti si ripresenta l’occasione di lasciare l’Italia una seconda volta. Come hai vissuto questa nuova opportunità alla luce della tua precedente esperienza all’estero?
Sicuramente nel momento in cui ho iniziato a prendere in considerazione la possibilità di ripartire, non mancavano ansia e timore. Non sono stato sicuro della mia scelta fino a qualche giorno prima della partenza. Poi però ho subito pensato che la vita è una sola e merita di essere vissuta appieno; così un po’ per cause di forza maggiore e spinto dalle donne della mia vita, mia madre e mia sorella Arabella, e da tutti coloro che hanno sempre creduto in me, non ci ho pensato due volte e ho lasciato fuori dalla mia valigia ansia e timori, accettando senza più indugi la proposta di partire per la Francia, a Mont Saint Martin, in un ristorante italiano, La Piazzetta, dove lavoro da ormai dieci mesi. Permettimi di ringraziare Francesco Plantone, del bar Repubblica e suo fratello Vito, nonché mio attuale titolare.
Nonostante la tua giovane età, puoi vantare un percorso lavorativo ricco di esperienze sia in Italia che all’estero. Quale credi di poter considerare la più significativa e quella che ti ha maggiormente motivato?
Senza dubbio molto incisiva è stata la prima esperienza all’estero, dove a mio avviso ho acquisito la maturità di uomo e di cuoco. Ritrovandoti solo contro il mondo, riesci a trovare il senso della tua vita e impari a stare bene prima di tutto con te stesso, cosa che ritengo fondamentale.
L’esperienza che mi ha maggiormente motivato è stata l’ultima, quella con lo chef Francesco Laera, attualmente titolare del suo ristorante Fè, dove oltre a farmi innamorare ancora una volta della cucina, mi ha formato al meglio, usando un paragone “come un soldato che parte in trincea”. A lui e a tutti i maestri che mi hanno seguito in cucina, devo davvero tanto.
Attualmente risiedi in Francia dove lavori in un ristorante italiano. Due culture differenti messe a confronto, due dei Paesi che vantano le migliori tradizioni culinarie. Quale credi abbia il maggior rispetto per il settore della ristorazione?
Oggi, dopo tanti sacrifici, a quasi 22 anni sono lo chef (anche se non amo il termine per la mia ancora giovane età) del ristorante La Piazzetta, a Mont Saint Martin, un piccolo paesino a sud est della Francia. Sulla mia risposta a questa domanda non ho alcun dubbio: la cucina italiana!
Sono due mondi completamente diversi, ma paralleli. Ogni giorno, con passione e impegno, insieme alla grande saggezza ed esperienza del maitre “zio” Franco Gentile, cerchiamo di trasferire, importare i nostri sapori mediterranei nelle menti e sui palati dei nostri cari “cugini” francesi.
Anche la storia ci dà ragione, siamo stati noi ad inculcare ai francesi la cultura del cibo nel Rinascimento, con Caterina de Medici. Per il resto, cerco solo di fare il mio meglio giorno per giorno, perché strappare anche solo un sorriso al cliente è motivo per me di grandissima soddisfazione.