NOCI (Bari) – Confrontarsi con culture diverse, vivere lontani dal proprio paese d’origine e a stretto contatto con realtà nuove e per certi aspetti molto impegnative, può indurre ad affrontare sfide notevolmente difficoltose e a riconsiderare l’importanza della parola “casa”. Patrizia Guagnano è l’esempio di chi è stata messa più volte dinanzi a prove molto dure, e di chi, da ognuna di queste, ha saputo trarre insegnamenti a tal punto indispensabili da poter rivalutare qualunque aspetto della propria crescita, personale e professionale. Oggi Patrizia insieme alla sua famiglia vive e lavora a Pavia, ma non esclude la possibilità di una nuova esperienza all’estero, dove i propri figli possano imparare a sentirsi “cittadini del mondo”.
La tua vita è stata intervallata da numerosi trasferimenti, che ti hanno sempre riportata a Pavia dove oggi risiedi. Quale è stato per te il momento più difficile?
Quando si affronta una difficoltà, si crede che questa sia insormontabile, fino a quando una incredibile combinazione di fato e forza di volontà ti aiutano a superarla. Il momento più difficile l’ho attraversato quando in Egitto è stato deposto il presidente Morsi. Nel giugno 2013 mi trovavo a Il Cairo, dove mi ero trasferita con la mia famiglia per motivi di lavoro. In città si respirava aria di rivolta per un malcontento generale nei confronti del governo dei fratelli musulmani, la polizia si organizzava in posti di blocco con mezzi militari, nei supermercati si facevano scorte di ogni genere alimentare. Il 30 giugno, proprio mentre il popolo egiziano si radunava in piazza Tahrir, io e la mia famiglia eravamo rimpatriati d’urgenza dalla società presso cui mio marito lavora. Ho dovuto lasciare a Il Cairo buona parte dei miei effetti personali, ero incinta di 7 mesi, avevo un figlio piccolino e soprattutto non avevo un posto dove andare. Mai come in quel momento Noci ha significato Casa. Ci sono rimasta per 6 mesi, per poi ripartire alla volta di Pavia.
Quali i ricordi che custodisci della tua permeanza in Congo, in Africa?
In Congo, nella precisione a Pointe Noire, ho vissuto per un anno. Ero medico neospecialista in Geriatria con una particolare predilezione per le malattie metaboliche; quando mio marito ha deciso di accettare un’offerta di lavoro laggiù, io ci ho visto una grande occasione per la mia crescita professionale. Con qualche difficoltà ho trovato lavoro in una piccola clinica locale, ero l’unico medico donna e soprattutto bianco. Ho imparato a diagnosticare e curare malattie infettive come la malaria e l’HIV, a curare i diabetici con farmaci che in Europa non si usano più da anni, ho imparato a svolgere la mia professione utilizzando scarsissime risorse economiche ed organizzative, il SSN congolese è estremamente carente. Questa esperienza di vita mi ha fortificata, l’Africa ti insegna ad apprezzare le cose semplici della vita, ti insegna che tutto va fatto con calma, ti insegna che la felicità può essere data da una caramella alla frutta regalata ad un bambino che non ne ha mai vista una.
In diversi momenti, hai deciso di assecondare le scelte professionali di tuo marito e di seguirlo nei suoi spostamenti. Questo ha comportato per te delle rinunce?
Nel rapporto di coppia spesso le scelte di uno possono influenzare la vita del partner. Finora io e mio marito abbiamo preso importanti decisioni nel rispetto dei desideri e delle professioni di entrambi. Le scelte non vanno imposte ma condivise.
Con il senno di poi, sceglieresti ancora di proseguire i tuoi studi così lontana da casa o, al contrario, considerate le difficoltà che hai dovuto affrontare, consideri la vicinanza al tuo paese natio un valore aggiunto?
Ho scelto Pavia come sede dei miei studi in Medicina per il prestigio e l’organizzazione del suo storico Ateneo, ma credo anche per il desiderio di essere tanto lontana da casa. Ho trascorso gli anni universitari in collegio, correndo in bici verso il policlinico, cercando in tutti modi di provvedere da sola al mio sostentamento, ma non tralasciando gli aspetti goliardici delle feste universitarie. La lontananza da casa mi ha fatta maturare, mi ha resa più responsabile, mi ha insegnato ad essere parsimoniosa e a dare il giusto peso al denaro.
Famiglia e lavoro spesso richiedono esigenze e scelte difficili da fare. In che modo sei riuscita a conciliare la tua realizzazione professionale con quello che hai ritenuto più giusto per la tua famiglia?
Sono mamma di due figli e sono un medico. Attualmente lavoro presso l’AO della Provincia di Lodi, ogni giorno i chilometri in auto sono tanti ma vengo ampiamente ripagata dalla soddisfazione professionale. Il lavoro di mamma? Quello sì che è complicato, prevede un’organizzazione minuziosa ed è pieno di imprevisti. I miei figli frequentano la scuola materna e l’asilo nido ed hanno una tata che ci aiuta nella loro crescita. Quello che non manca mai sono l’amore e l’attenzione che noi genitori dedichiamo loro.
Dopo un trascorso per certi aspetti molto movimentato, quali le tue aspettative per il futuro?
Nonostante finora la mia vita sia stata piena di tante esperienze, mi capita spesso di pensare al futuro. Mi piacerebbe incrementare la mia attività di geriatra nell’ambito della diagnosi e cura delle demenze e spero che la mia azienda ospedaliera me ne darà modo. Non riesco però ad escludere una nuova esperienza all’estero, dove io e mio marito potremmo far tesoro di nuove conoscenze e i nostri figli potrebbero interfacciarsi con altre culture per imparare ad essere cittadini del mondo.