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Fabio Matacchiera e la storia sconvolgente dell'ILVA di Taranto

11 29 fabio matacchieraNOCI (Bari)  - Fabio Matacchiera, insegnante ed imprenditore tarantino, è stato ospite sabato 28 novembre presso i laboratori G.Lan per l'ultimo incontro sulle problematiche ambientali del ciclo "Terra Madre", firmato DifferenziaNoci. La sua storia è strettamente legata all'ILVA di Taranto, società produttrice d'acciaio: nato quando l'industria sorgeva nel settore pubblico, Matacchiera l'ha vista crescere e produrre in senso lato, fino ai forti sospetti di un'attività inquinante da parte della stessa. Da allora, correva l'anno 1992 con l'associazione "Caretta Caretta" ha avuto inizio la sua battaglia e di tanti altri tarantini per dimostrare quanto gli scarichi dell'industria e i suoi scarti stessero rovinando Taranto, i tarantini ed i paesi limitrofi.

 

Matacchiera sceglie di raccontare l'ILVA con video e foto che rendano chiaro e forte il messaggio della serata: il primo video risale al 1992, quando l'azienda non era ancora privata, fatto che smentirebbe l'accusa dei detrattori di un'iniziativa contro la proprietà privata. Il video è girato nei pressi delle acque di raffreddamento dei canali di scarico dell'industria, necessari per abbassare le temperature presenti in azienda: come dimostrano chiaramente le immagini le acque, a ridosso del Mar Grande, presentavano accumuli neri, fanghiglia che analizzata ha scoperto il vaso di pandora su sostanze altamente inquinanti. Il secondo video, molto diffuso in rete e tra i media, è di giugno 2012 e presenta acque putride e nere all'inverosimile, oli e grassi: i rilievi, atti a fornire dati certi sulla questione, evidenziano la presenza di idrocarburi. Da sottolineare l'iniziativa di queste associazioni e dei privati per le analisi di queste acque presso centri certificati Credia, ma non è solo il mare che accoglie i frutti dell'ILVA.

Matacchiera e co. vogliono dimostrare che l'attività dell'industria di acciaieria, ora di proprietà della famiglia Riva, non solo contamini il mare ed in maniera altrettanto lampante i cieli tarantini con fumi che si accumulano dimostrando di non essere semplici vapori, ma anche il suolo e chi lo popola. L'attenzione è rivolta ai terreni adiacenti il quartiere Tamburi, dove è ubicata la fabbrica e ciò che succede raggela occhi e orecchie del pubblico presente all'evento: 600 capre circa della masseria Fornaro vengono abbattute perchè il loro formaggio rileva la presenza di diossine. Il collegamento tra il terreno di pascolo del bestiame e la vicinanza all'ILVA è presto che servito, infatti l'attività di allevamento nei pressi dell'industria verrà vietata, riconoscendo quindi il problema dell'inquinamento.

Anche le galline allevate "a terra" nelle masserie producono alimenti che potrebbero arrivare a tavola, seppur ora la vendita è vietata ed il consumo si dovrebbe limitare ad uso privato: le uova di questi esemplari, analizzate tra i Comuni di Crispiano, Martina Franca, Massafra, Monteiasi, Palagiano, Statte ed ovviamente Taranto superavano il cosìddetto limite d'azione di inquinamento,  che deve spingere le autorità ad intervenire: l'unico risultato è stata la richiesta esplicita del Dipartimento Sanitario ai paesi interessati di distogliere dal consumo delle uova di masseria. Il "deterrente" per questa storia sarebbe il fatto che le uova di maggior consumo provengano da allevamenti che non prevedono lo scorazzamento del pollame a terra, ma se le galline sono ancora in masseria e producono uova, nulla impedisce di pensare che il prodotto sia destinato a qualcuno e che quindi possa potenzialmente nuocergli.

Se le uova rappresentano un alimento comune sulle nostre tavole, il latte materno è invece il nutrimento fondamentale per molti bambini: le mamme tarantine calpestano anche loro il suolo che rappresenta la base di queste indagini e perchè quindi non ipotizzare un loro "coinvolgimento". Ebbene, un campione dei 20 di latte materno analizzati a Taranto riporta persino una dose di diossine pari a circa 40 microgrammi su grammo, quando il limite accettabile per latte vaccino sarebbe addirittura 6. I valori degli altri campioni si aggirano comunque intorno ai 35, un valore altissimo: la mamma dei "40" si è purtroppo poi ammalata. 

Le diossine, che si insediano nella materia organica dell'elemento e che hanno tempi di decomposizione che si attestano tra i 400 e i 500 anni, sono state rilevate in alto numero anche nelle cozze, ma la questione ha creato grossi grattacapi a Matacchiera a causa di un'insorgenza degli allevatori di mitili che ha compromesso la sua sicurezza personale. Non è solo l'incolumità del singolo però a ruotare intorno all'ILVA bensi quella di un'intera comunità, profondamente segnata dalla convivenza con diossine ed agenti inquinanti altamente cancerogeni.

"Oltre le nubi" è il film interamente girato a Taranto, da un'idea di Matacchiera stesso e prodotto dal Fondo Antiodissina di Taranto, sito che racoglie tutto il materiale raccolto sull'ILVA e che con grande trasparenza raccoglie fondi per le costose analisi dei campioni raccolti. La pellicola racconta la storia di una giovane donna ambientalista, uccisa dai "fumi" dell'ILVA: una storia come tante che come dice Matacchiera non ci toccano quanto loro che vivono quotidianamente il male, ma non vi sono diverse misure nel pensare che questo sia uno schifo (concedetelo) più nero del catrame, uomini contro uomini.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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