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Noci24.it intervista a Mons. Favale in prossimità delle festività: un Natale a "misura" di gioia

Noci (Bari) - La «situazione precaria, colma di paure e sofferenze», che ci porterà a vivere un Natale “a misura di Covid”, non deve impedire che il «sussulto di gioia», che questa festa porta con sé, risuoni nelle famiglie e in ciascuno. È questo il cuore del messaggio che S. E. Mons. Giuseppe Favale, Vescovo di Conversano-Monopoli, ha indirizzato alla sua Chiesa diocesana all’inizio del cammino di preparazione alle prossime festività.

Nella sua Lettera per l’Avvento (disponibile sul sito della diocesi) il presule, elencando le circostanze che rendono tempestoso il tempo presente, non ha mancato di trasmettere la propria vicinanza a chi è stato duramente colpito dalla pandemia e dai suoi effetti disastrosi. L’augurio del Vescovo, racchiuso nel messaggio, è quello che il Natale possa ricordare a tutti, anche a chi soffre per la malattia o per altre conseguenze legate alla pandemia, che la storia, sebbene con tante difficoltà, è «orientata verso la luce».

Abbiamo posto a Mons. Favale alcune domande in vista delle festività ormai vicine, che saranno segnate dalle problematicità del tempo presente.

Come possiamo celebrare gioiosamente il Natale di quest’anno, mentre attraversiamo questa situazione di grande crisi?

«Certamente quest’anno vivremo un Natale diverso, almeno nelle forme esteriori, perché nel suo significato profondo esso resta sempre lo stesso: è la venuta del Figlio di Dio nella nostra carne, è Dio che si fa nostro fratello e viene a stare in mezzo a noi. L’essenziale rimane, e non può essere altrimenti; mancheranno solo alcuni apparati esteriori. E sarà anche per questo che, avendo nel cuore i tanti passaggi drammatici dell’anno che sta per finire, e le sofferenze delle persone che la pandemia ha colpito duramente, potremo riportare il Natale al suo significato più autentico e non ridurlo al consueto cliché consumistico. Vivremo il Natale nella gioia se ci apriremo al mistero di Dio che viene tra noi. Se invece prevarrà il rimpianto per ciò che quest’anno ci verrà impedito di realizzare, è chiaro che nel cuore di molti la gioia lascerà il posto a tanta amarezza. La ricerca di un incontro vero con il Signore è l’unica via per affrontare questa «grande crisi», il cui superamento richiede coraggio e intelligenza, a fronte delle tante fragilità che ha fatto venire allo scoperto».

Alcuni dei tradizionali “segni esterni” che riempiono la nostra città durante le festività natalizie, quest’anno in parte mancheranno. Quali potrebbero essere in questa circostanza i “segni” forse più autentici e di rilevanza sociale che possono caratterizzare il prossimo Natale?

«Ci sono alcune tradizioni e consuetudini di questa bella città a cui si dovrà rinunciare per le prossime festività. Ma, come dicevo poc’anzi, l’assenza dei segni esteriori non può togliere dal cuore la gioia di vivere il Natale con lo spirito giusto, e questo sia per chi è credente sia per chi, pur senza professarsi tale, è sensibile ai valori cristiani che plasmano la vita della nostra società. Nella mia Lettera per l’Avvento invitavo le famiglie a recuperare il rito del presepe fatto in casa e dell’albero, il cui simbolismo di matrice biblica rimanda all’albero della vita, immagine di rigenerazione e di perenne vitalità, quando l’esistenza è abitata dalla presenza del Signore. Ci sono però anche altri segni da recuperare. Penso in primo luogo alle nostre relazioni interpersonali, che proprio a motivo del distanziamento fisico imposto dalle misure anti-Covid potremmo avvertire come ancora più necessarie, all’insegna di un ritrovato bisogno di fraternità. Penso poi ai gesti della solidarietà. Sempre nella mia Lettera per l’Avvento ho avanzato la proposta di una raccolta alimentare nella settimana che precede il Natale, per consentire alle tante famiglie bisognose della nostra diocesi, che purtroppo sono in aumento, la possibilità di vivere un Natale sereno. Ma si potrebbero immaginare tanti altri segni per questo Natale. Basta far lavorare un po’ la fantasia e mettersi comunque in gioco, con la volontà di uscire da sé stessi e dai propri interessi per andare incontro agli altri. Un Natale più autentico è insomma quello a cui la pandemia ci sta sollecitando, in spirito di maggiore semplicità e di ricerca dell’essenziale».

«Persone non indispensabili per lo sforzo produttivo del paese». In questo periodo abbiamo letto anche espressioni come questa di personaggi pubblici e non, in riferimento agli anziani, i più colpiti dalla pandemia. Cosa pensa in merito a questo?

«Voglio sperare che chi ha pronunciato queste parole non si sia reso conto della gravità delle sue affermazioni, perché sono parole terribili, che feriscono. Non è possibile parlare così delle persone anziane o di chi a causa della malattia sta vivendo un momento di precarietà. Un pensiero del genere riflette una visione davvero spaventosa, perché non guarda alla dignità della persona umana. La conclusione è aberrante: avrebbe valore solo la persona che concorre alla produzione di beni economici! Ma il produrre, non dimentichiamolo, non è solo un fatto materiale. Si “produce” tanto altro nella vita: la genialità, l’amicizia, l’affettività e quella vasta gamma di sentimenti e valori umani di cui soprattutto gli anziani sono maestri. In questo senso, sarebbe anzi da recuperare il ruolo dell’anziano nella vita sociale, familiare ed ecclesiale. Sono coloro che mantengono viva la memoria, coloro che hanno saputo affrontare con il coraggio che era proprio delle generazioni passate la loro lunga vita, spesso carica di sofferenze e prove. Dobbiamo metterci con umiltà alla scuola degli anziani. Il contributo della loro umanità non ha certo minore valore di quello offerto da chi col lavoro attivo concorre alla tenuta economica del paese. È assolutamente da scartare questa visione utilitaristica della persona. Concezioni come questa, non dimentichiamolo, sono alla base di quelle ideologie che hanno portato solo morte e distruzione nel corso della storia, specie nel ’900, quando in certi stati totalitari si è giunti persino ad eliminare le persone ritenute inutili alla vita sociale. Rimettiamo al centro la persona umana e la sua altissima dignità, dal primo istante del concepimento nel grembo materno sino al termine naturale della sua vita. Non dimentichiamolo mai, perché da qui dipende il futuro della società e della Chiesa».

Natale è la festa della famiglia. Tante di queste sono state colpite dalla malattia o dalla morte, altre dalla crisi economica, per altre ancora sarà per varie ragioni impossibile ritrovarsi. Cosa vuole dire alle famiglie nocesi?

«Anzitutto voglio manifestare la mia vicinanza di Vescovo e pastore alle famiglie di Noci e di tutta la diocesi. Voglio dire loro di avere coraggio, nella consapevolezza che insieme potremo superare questo momento. Chiedo loro di far emergere le tante potenzialità di bene che non mancano in ciascuna di esse. Care famiglie di Noci, nella gioia custodite il ricco patrimonio di valori che possedete e che avete ricevuto in dono dalle generazioni passate. Non disperdete soprattutto l’eredità della fede, che è luce preziosa per affrontare l’impegno quotidiano. Osate di più nell’intraprendere strade nuove, strade che mettano al centro la dignità dell’uomo in ogni fase della sua esistenza. Non dimenticate mai che Dio per ciascuno ha progetti di bene che, se realizzati, rendono la vita felice. Sì, non si può vivere senza quel legame con Dio che ci ha creati, ci ama e ha pensato e realizzato per noi una storia di salvezza, la quale ha il suo fulcro proprio nella nascita di Gesù nella nostra carne. Natale è il segno estremo dell’amore di Dio per noi, è la celebrazione di un Dio che viene a stare con gli uomini, assumendo la nostra umanità per permettere a tutti di scoprire la bellezza di essere suoi figli, fratelli in Cristo. Se giungiamo a scoprire la genuinità del Natale, leggendo in esso una storia di amore, ci riapproprieremo di tutto ciò che può rendere più straordinaria ed entusiasmante la vita. Andiamo avanti con fiducia, guardiamo sempre con ottimismo e speranza alle sfide di ogni giorno, perché più grande di ogni limite umano è l’amore di Dio e le potenzialità di bene che Lui ha posto in ciascuno di noi.
A tutti dico in semplicità e con affetto di padre: buon Natale e felice anno 2021, ricco di luce e di speranza».

La redazione di Noci24, grata per l’intervista rilasciata, porge al Vescovo Giuseppe i più sinceri auguri per un sereno e gioioso Natale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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