NOCI (Bari) - Si è tenuta lo scorso 24 maggio, all’interno del Chiostro di San Domenico, si è tenuta la presentazione del libro “Di versi diversi” di Alessandro Cobianchi, organizzata e curata dai Presidi del Libro di Noci. L’opera celebra il matrimonio (sempre più di successo) tra narrativa e poesia, prospettando tematiche di grande rilevanza.
Lo fa attraverso lo sguardo del quotidiano, attraverso gli occhi della gente semplice. Ma le problematiche della società attuale, com’è risaputo e come è emerso dal dialogo tra l'autore e Stefano Verdiani, non possono essere comprese fino in fondo se non si volge un po’ lo sguardo al passato.
La poesia è notoriamente più debole rispetto alla narrativa, per questo tutte quelle contenute in “Di versi diversi”, sono affiancate da un racconto che in un certo senso “fa da scudo” proteggendole.
Alessandro Cobianchi, laureato in legge, è sempre stato attivissimo nel sociale, al punto da fondare con alcuni amici un’associazione che si occupava di fornire assistenza ai rifugiati. I temi dell’immigrazione, dell’allontanamento dalla propria terra e dalla propria gente e del rifiuto da parte di chi speri ti tenda una mano, sono perciò preponderanti. C’è però spazio anche per l’amore, doloroso ma autentico e duraturo. E’ la storia dei nonni dell’autore, che si sono scambiati una solenne promessa di matrimonio che però la guerra interrompe per ben quattro anni. Lasso di tempo nel quale il nonno rifiuta di combattere per Mussolini dandosi alla macchia. Fedele alla promessa fatta, nonostante le ripetute avances della bella figlia della famiglia che l’aveva ospitato, a guerra finita si mette alla ricerca della donna veramente amata. Riesce a trovarla: anche lei lo ha pazientemente aspettato. Si sposano come se fosse la cosa più naturale del mondo: come se la guerra, il dolore, i carri armati, la miseria e i tanti morti, non fossero passati per nulla sul loro inossidabile sentimento. Un amore che sarebbe durato per oltre sessant’anni, fino alla morte di entrambi, avvenuta a soli due giorni di distanza. Un bell’insegnamento per i giovani, che dovrebbero ricercare una vita bella più che l’effimera “bella vita”. E si parla ancora di tempi che cambiano, quando la tv, allora mezzo d’informazione esistente, inizia a passare dal bianco al nero al colore. Con i colori, immagini drammatiche e violente, come quelle della tristemente famosa “strage di Bologna” appaiono ancora più crude.
Si preferirebbe quasi il bianco e nero, come se rappresentasse quasi un pietoso velo che “smorza” un po’ il dolore. Come nell’altalena della vita quotidiana, anche nel libro non mancano però i momenti tragicomici, come l’assoluto rifiuto dell’autore di mangiare uno dei piatti più rappresentativi della nostra Puglia: le orecchiette. Un disgusto, quasi un orrore, nato da un’indigestione di una gran quantità di impasto crudo da cui sarebbe poi stata ricavata la pasta.
“E’ forse stato anche un modo per infrangere gli stereotipi: perché se sono pugliese devono piacermi per forza le orecchiette? Il problema è che ovunque andassi, tutti, in maniera quasi caricaturale, continuavano a sceglierle come piatto forte del pranzo, credendo di farmi cosa gradita”- ha dichiarato l’autore. E neppure il tentativo di “corruzione” di parenti e amici che promettevano denaro o biglietti per l’ingresso alla stadio sembravano persuadere Cobianchi ad assaggiare anche una sola orecchietta. Insomma, poesia e narrativa racconteranno al lettore la vita scandagliata in tutti i suoi aspetti, da quelli più dolorosi che fanno riflettere, a quelli divertenti che strapperanno quel sorriso che fa sempre bene indossare.