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Vita da Gastarbeiter: Lorenzo Annese racconta la sua esperienza e il suo impegno civile di emigrante in Germania

04 30 VitadaGasterbeiterNOCI – Emigrare all’estero in cerca di fortuna negli anni del dopoguerra: una scelta dolorosa che tanti dei nostri avi hanno dovuto compiere pur di sfuggire alla fame e alla povertà, e di riconquistare il proprio diritto a un’esistenza dignitosa. La stessa decisione dovette prendere anche Lorenzo Annese, alberobellese di nascita, che nel 1958 emigrò in Germania per attendere a un destino migliore di quello che gli sarebbe spettato lavorando nei campi. Nel suo libro, intitolato “Vita da Gastarbeiter, l’impegno civile di un emigrante in Germania”, Stilo Editrice, curato dal nipote Pasquale (docente di storia e filosofia nei licei), Annese racconta appunto la sua esperienza. Un vissuto non di certo semplice, ma che grazie all’impegno e ai sacrifici, consentirà al protagonista di ottenere il suo riscatto sociale.

Da lavoratore sfruttato nei campi a impiegato della famosa ditta tedesca Volkswagen, fino all’approdo nel mondo sindacale, dove per anni rappresenterà i diritti della comunità italiana sia in fabbrica che presso il villaggio italiano» di Berliner Brücke. Dulcis in fundo l’elezione a consigliere comunale. Così potremmo sintetizzare, per non sottrarre al lettore il piacere di addentrarsi tra le pagine, quello che è stato il percorso di Lorenzo Annese. E’ vero, messo in questi termini, il discorso potrebbe risultare troppo semplicistico, e si potrebbe affermare con superficialità che “Il signor Annese però è stato fortunato”. No, leggendo attentamente il libro, si avrà modo di scoprire che Lorenzo Annese quella fortuna se l’è costruita e non è certo costata poco in termini di sacrifici. Negli anni del dopoguerra, tanti lavoratori italiani avevano due sole scelte: restarsene chiusi nella loro piccola realtà asfittica e senza sbocchi, una realtà che si limitava a sfruttarli consentendogli a stento di mettere assieme il pranzo con la cena, oppure emigrare all’estero. Per compiere questa seconda scelta, di coraggio bisognava averne davvero tanto. Era necessario lasciare i luoghi e le persone del cuore, partire con pochissimi spicci in tasca, consapevoli di andare incontro a una realtà totalmente diversa, non solo per quel che concernesse la lingua, ma soprattutto la mentalità.
All’estero magari ti avrebbero accolto con rispetto ed educazione, ti avrebbero offerto l’opportunità di lavorare ma…saresti rimasto sempre un gastarbeiter (termine che tradotto dal tedesco significa letteralmente “lavoratore ospite). Saresti stato insomma sempre “lo straniero”. E non era detto che ti andasse bene a migliaia di chilometri di distanza. Le cose avrebbero anche potuto non ingranare, e tu avresti buttato via anche quei pochi spicci con cui eri partito, e che magari avevi racimolato con gran sacrificio. Però bisognava rischiare ugualmente e proprio quel rischio, quel “salto nel buio”, ti rendeva consapevole che di impegno e di sudore avresti dovuto impiegarcene il doppio. Un messaggio importante e attuale anche per i nostri giovani, che in tempo di pandemia, hanno sentito il mondo crollargli sulle spalle. E’ vero, abbiamo vissuto, stiamo vivendo e forse continueremo a vivere per un bel po’ tempi difficili, ma soffermiamoci un attimo a pensare: cosa avrebbero dovuto dire allora i nostri avi, che hanno davvero guardato in faccia la fame, quella vera e più nera? Nessuno potrebbe trovare obiezione alcuna sul fatto che i loro tempi siano stati di gran lunga più duri di quelli che sono toccati a noi, che abbiamo innegabilmente un ventaglio di opportunità più ampio e possiamo far fede su una maggior tutela dei nostri diritti. Eppure, non si sono arresi, non si sono pianti addosso, non hanno perso tempo a lamentarsi. Il loro motto è stato: “Su le maniche e via!”. Tanti dei nostri giovani, invece, vorrebbero tutto ma senza sacrificio alcuno. Eh no, non funziona così: non c’è traguardo o gioia che non presupponga prima una buona dose di sudore e anche di lacrime. La storia di Lorenzo Annese sia d’esempio: quanta soddisfazione nell’arrivare ad essere rappresentante di quei diritti che egli stesso s’era visto negare, e che perciò ha difeso con più convinzione e tenacia. Prima di questo traguardo, però…quanta sofferenza è passata attraverso il cuore!

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