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Settembre in Santa Chiara: l’incontro conclusivo fa luce sulla “rivoluzione dimenticata” del 1820

10 02 SettembreInSantaChiara 1NOCI - Si è svolto lo scorso 1 ottobre, nella consueta cornice del Chiostro delle Clarisse, l’ultimo dei quattro incontri previsti nell’ambito dell’annuale ciclo di conversazioni storiche “Settembre in Santa Chiara”. La XIX edizione della manifestazione, patrocinata dal Comune di Noci è stata organizzata da Centro Culturale “Giuseppe Albanese” e dalla Biblioteca comunale “Mons. Amatulli”, in collaborazione con Società di Storia Patria per la Puglia – Sezione sud-est barese di Conversano, Gruppo Umanesimo della Pietra di Martina Franca, I.I.S. Da Vinci-Agherbino di Noci-Putignano, associazioni “Terra Nucum” e Puglia Trek&Food di Noci.


L’ultimo incontro è stato forse il più complesso da punto di vista storico, perché ha minuziosamente analizzato un momento caratterizzato da eventi a cui spesso non è stata prestata la giusta attenzione. Le tematiche della serata hanno riguardato infatti la nascita della Costituzione Liberale Napoletana (di cui ricorrono quest'anno i 200 anni dalla fondazione) , i moti rivoluzionari del 1820 e la guerra patriottica a Noci. Relatori della serata sono stati il professor Carmine Pinto, docente all’Università degli studi di Salerno e Antonello Roberto, appassionato e studioso di storia locale.

10 02 SettembreInSantaChiara 2Dopo la consueta e completa introduzione da parte di Giuseppe Basile, direttore della Biblioteca Comunale, la parola è passata al professor Pinto, che con gran dovizia di particolari storici, ha fatto un discorso globale su quella che era la situazione nel napoletano alle soglie della fatidica data del 1 ottobre 1820, in cui si insediò il Parlamento napoletano (o delle Due Sicilie) che fu il primo parlamento italiano eletto a suffragio universale maschile. Si trattò di un evento storicamente importante, perché sanciva un accordo tra la monarchia Borbonica da una parte e un rivoluzionario (Matteo Galdi) dall’altra. Nel luglio dello stesso anno, re Ferdinando era stato praticamente costretto ad approvare la costituzione. Senza spargimenti di sangue, senza deporre categoricamente il re, si era riusciti a convincere quest’ultimo ad accettare di dividere il suo potere, un tempo assoluto, con i membri del nascente parlamento e ad accettare il costituzionalismo. Mettendola in questi termini, potrebbe apparire un momento decisamente idilliaco, segnato da una concordia e da una modernità politica senza precedenti. L’idillio però non durò a lungo, in quanto i Borboni non si erano mai realmente identificati con il regime costituzionale, da sempre risultato per loro indigesto. Sua maestà, in Parlamento, chiese di potersi recare al Congresso della Santa Alleanza. Una minoranza aveva perfettamente inteso che il re stesse tramando qualcosa e si mostrò estremamente restia a concedergli di partire, ma la maggioranza ripose invece in lui piena fiducia, sbagliando di grosso. Il sovrano, cercava in effetti proprio una strada per tornare in auge. Avvenne infatti l’invasione da parte degli Austriaci, che restaurarono la monarchia. La costituzione tanto indigesta ai Borboni, pertanto decadde.
E a Noci? Quali ripercussioni ebbe l’eco degli eventi verificatisi nel napoletano? Su ciò ha conferito lo studioso di storia locale Antonello Roberto, spiegando la sostanziale differenza con i moti rivoluzionari del 1799. A Noci si trattò sostanzialmente di una faida tra famiglie (i Palazzi e gli Albanese) nata per questioni economiche e di potere. Noci fu occupata dalle truppe francesi, che ovviamente introdussero determinati ideali e non poche innovazioni. Concomitantemente, i nocesi si trovarono a fare i conti con la carestia. Nel 1800 c’era già stato il colpo di Stato di Napoleone Bonaparte. I francesi iniziarono ad appropriarsi dei beni ecclesiastici (e i più “colpiti” in questo senso furono certamente i ricchissimi domenicani). Vennero istituite a Noci anche le scuole pubbliche e ben tre soldati nocesi fecero parte della guardia d’onore di Napoleone. Anche Noci ebbe le sue società segrete, e una delle più note fu quella di Neottolemo, ispirata al mitologico figlio di Achille. Una società che vantava ben 78 iscritti: un nunero decisamente considerevole per quell'epoca. Gran maestro ne era Francesco Paolo Brisacani; primo assistente Michele Mandoy; secondo assistente Vito Gabrieli; tesoriere Vito Cesare Sansonetti; guardabolli e sigilli Mario Palazzo e covrittore Cesareo Morea.

Il 9 luglio, in piazza, qualcuno urlò "Viva il re e viva la Costituzione". L'entusiastico esempio venne seguito anche dai comuni limitrofi. Poter votare, cosa che oggi spesso e volentieri ci dà noia, allora era un qualcosa di nuovo, una grande conquista. Significava infatti scegliere qualcuno che desse voce al popolo, che ne rappresentasse e tutelasse i diritti. Il 14 febbraio, Stefano Gabrieli venne eletto sindaco di Noci. Lo ritroveremo poi nella storia locale del 1860, coinvolto nella querelle relativa a Pietro Gioia, il quale venne costretto a dimettersi con infamia. Frattanto, in ogni cittadina nacque un piccolo esercito di volontari. Quello nocese era formato da 48 soldati, ma nulla potè contro le più robuste e meglio organizzate formazioni austriache.  Venne comunque  gettato il germe dell'Unità d'Italia. Se questi moti di rivolta e questi ideali raggiunsero anche un piccolissimo centro come Noci, è facile immaginare quale forza ebbero a livello generale. Settembre in Santa Chiara tornerà il prossimo anno, con i riflettori sicuramente ben puntati su altri sentieri della marco e micro storia.

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