NOCI (Bari) – Il 17 aprile 2016 è alle porte. Il conto alla rovescia verso la consultazione referendaria di domenica è ormai iniziato e tutti i cittadini italiani saranno chiamati a rispondere ad un quesito voluto da 9 Regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Veneto), preoccupate per le conseguenze ambientali e per i contraccolpi sul turismo di un maggiore sfruttamento degli idrocarburi. “Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?” sarà la domanda cui tutti gli aventi diritto al voto dovranno rispondere, decidendo se abrogare il comma 17, terzo periodo, dell'articolo 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come sostituito dal comma 239 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, limitatamente alle seguenti parole: "per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale".
Anche a Noci, parallelamente ad altre centinaia di piazze italiane, sono nati comitati e movimenti volti a diffondere il più possibile motivazioni per cui sarebbe utile andare a votare. Più di uno i comitati che incentivavano, ed incentivano, a votare “Sì” per eliminare le trivelle dai mari italiani. Pochi o forse addirittura silenti i sostenitori del NO, intenzionati a far si che le trivelle restino nel mare senza che vi sia una scadenza. A favore del primo, più grosso schieramento, ben due comitati nocesi: il Comitato “No Triv” Noci e “Stop trivelle Noci”, più un’ultimissima mobilitazione dell’associazione culturale Akira (che ha proiettato il film Promised Land lo scorso 13 aprile). Comitati referendari pieni di convinti attivisti questi ultimi, cui è stato chiesto di fare un ultimo sforzo in questa settimana per far sì che venga cancellata la norma che consente alle società petrolifere di estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti di tempo.
In sostanza, il prossimo 17 aprile, gli italiani andranno a decidere e votare su 21 piattaforme già attive entro 22 km dalla costa per cui scadranno a breve le concessioni. Attualmente è infatti anche vietato costruirne di nuove. Se vinceranno i Sì le piattaforme verranno dismesse; se vinceranno i no le piattaforme potranno continuare ad estrarre petrolio e gas fino all’esaurimento del giacimento. Chi vincerà? Il Sì? Il No? Nell’attesa proviamo a riassumere, in breve e per par condicio, le ragioni di entrambi gli schieramenti. Si vota domenica 17 aprile 2016 dalle 7.00 alle 23.00. Per maggiori informazioni consultare il vademecum.
LE RAGIONI DEL SÌ
1) Rischi per la fauna. Per la scansione dei fondali viene utilizzato l’air gun, spari di aria compressa che generano onde che “leggono” il sottosuolo. Alcuni cetacei e alcune specie di pesce vengono danneggiati con lesioni e perdita dell’udito a causa dell’air gun.
2) Ci guadagnano solo i petrolieri. Per estrarre petrolio le compagnie devono versare dei “diritti”, le cosiddette royalties. Ma per trivellare i mari italiani si pagano le royalties più basse al mondo: il 7% del valore di quanto si estrae.
3) Il gioco non vale la candela. L’incidente è comunque possibile e in un mare chiuso come il Mediterraneo il disastro ambientale sarebbe amplificato. Inoltre la trivellazione non risolverà i nostri problemi energetici: le riserve certe nei mari italiani equivalgono a 6-7 settimane di consumi nazionali di petrolio e 6 mesi di gas.
LE RAGIONI DEL NO
1) Perdita di investimenti e posti di lavoro. Smettere di usare gli impianti entro le acque territoriali italiane significherebbe perdere gli investimenti fatti fino a oggi e quelli futuri. Oltre che a migliaia di posti di lavoro.
2) Basso rischio di incidenti. Dal 1950 a oggi ci sono stati pochi incidenti che hanno riguardato impianti di estrazione: a Cortemaggiore (Piacenza) appunto nel 1950 e a Trecate (Novara) nel 1994. Un incidente in mare è avvenuto a Porto Corsini (Ravenna) nel 1965.
3) Fabbisogno energetico. Secondo le stime il petrolio presente nei mari italiani sarebbe pari a 700 milioni di tonnellate. Il nostro consumo attuale all’anno è 58 milioni di tonnellate. Nel 2014 sono stati importati 54 milioni di tonnellate. Avere fonti energetiche nostre ci fa spendere meno e ci mette al riparo da cali improvvisi dovuti a crisi internazionali. Secondo le stime sarebbe pari a 700 milioni di tonnellate. Il nostro consumo attuale all’anno è 58 milioni di tonnellate. Nel 2015 sono stati esportati 21 milioni di tonnellate.