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Come tu mi vuoi

La totale spontaneità e disinvoltura, l'assenza completa di artificio, la modernità rivelatrice delle cose dette, il modo sbrigativo di trattare gli altri

palco07Ha ragione Nicolas Vaporidis quando in un'intervista dice del film dell'esordiente Volfango De Biasi, "Come tu mi vuoi", al Formiche di Puglia: "tutto arriva in modo molto vero". Con Alessandra Magnaghi, De Biasi ha costruito un film che non a caso ha per protagonista una studentessa di Scienze della Comunicazione: infatti Cristiana Capotondi da un lato è la brufolosa sgobbona che sputa sentenze sul mondo contemporaneo e soprattutto sui suoi coetanei ma, d'altro canto, ciò ci permette di avere una voce alternativa che giudica e condanna la superficialità dell'attuale società italiana vista attraverso giovani viziati, arroganti, "che vivono", dice ancora Vaporidis, "di apparenze e stereotipi". La bellezza dell'opera consiste in questo doppio registro.



Superficialmente è la cronaca di molti giovani d'oggi alle prese con università-famiglia-discoteca-privé
; dall'altro lato, la trama concede un controcanto, un commento interno per cui quei personaggi e la vita che conducono non vengono offerti come "oro colato" ma, nel momento stesso in cui paiono esaltati, sono in realtà ridimensionati. La stessa struttura, abilissima, del film convalida questa ipotesi. Apparentemente "Come tu mi vuoi" (canzone dei C. C. C. P. Fedeli alla Linea, anche cantata da Marco Bellotti) è un film giovanilistico e spiritoso con attori beniamini del pubblico giovanile: appunto, Capotondi e Vaporidis. A questo "testo" corrisponde un sottotesto, una struttura più profonda che fa da commento a ciò che è visibile in superficie: ci riferiamo a due archetipi che investono la protagonista.

La prima parte è fiabesca in quanto il personaggio femminile subisce, da vera Cenerentola, una metamorfosi: "il brutto anatroccolo" si trasforma in donna attraente per piacere a quel mondo ipergriffato a cui appartiene l'uomo da lei amato. Tale metamorfosi si realizza con l'ausilio di Fiamma (Giulia Steigerwal, un "dandy" in gonnella, cinica e annoiata della vita): costei accompagna Giada dallo stilista-estetista Marco Foschi che A. Guzzano ha definito "Lucifero in atelier". Ma, al di là della trsformazione estetica (e siamo ancora nel fiabesco), sono interessanti le motivazioni di Fiamma. La ragazza, per curarsi la noia, gioca coi destini dei coetanei: il suo è un atto "gratuito" dettato sola dalla volontà di manipolare. Siamo in piena decadenza tra "dandy" ed esteti, pronti a godere, senza passione, di sesso e droga (bella e significativa la scena sulla cocaina sniffata dal gruppo di amici). Un film, cioè, estremamente moderno e a tratti "documentario" si arrichisce di apporti più remoti ma che sono presupposto di tendenze oggi prevalenti in certe fasce d'età e in certi ceti. I vari ambienti vengono descritti con naturalezza e arguzia: godibile è, per esempio, il mondo universitario con le sue facili carriere. L'ambiente della moda è preso di mira assieme al classismo che esso ingenera.

I dialoghi sono naturali e appropriati;
il modo di recitarli è di una estrema verità. A questo proposito va particolarmente segnalato il personaggio di Loris (cugino del protagonista) interpretato da Niccolò Senni. La totale spontaneità e disinvoltura, l'assenza completa di artificio, la modernità rivelatrice delle cose dette e il modo sbrigativo di trattare gli altri e di comportarsi sono davvero rappresentativi di una generazione tanto "superiore" e spavalda quanto pericolosamente votata al nichilismo. A tale "profondità" del film corrisponde una equivalente giocosa vena di goliardica allegria riassunta in frasi "slogan" del tipo "fuggono i cervelli, ma restano le tette". Tali messaggi cinici e ridanciani sono veicolati anche da cartelloni che campeggiano nel film. Si chiude, infatti, con una parola stampigliata su un sedere che fa bella mostra di sé su un manifesto: "+ cul - tura". Fortunatamente "Come tu mi vuoi", a partire dal titolo pseudopirandelliano (si pensa più a O. Wilde), contiene in sé gli anticorpi che annullano con l'intreccio il suo apparente aspetto deteriore.

 


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