LETTERE AL GIORNALE - Riceviamo e pubblichiamo una lettera dell'associazione "La piccola biblioteca europea" a commento dell'editoriale del 18 marzo 2023.
L’editoriale
Se non fossimo certi dell’identità del direttore di Noci24, penseremmo che il suo “fate presto”, sul corso della partecipazione alle prossime amministrative a Noci, fosse opera di un qualche solerte quanto illuminato candidato sindaco in pectore. Penseremmo che, finalmente, rompendo ogni indugio e contro una consolidata prassi che vuole il periodo preelettorale caratterizzato da movimenti da retrobottega, un militante politico coinvolto nella competizione si presenta alla cittadinanza con un dettagliato documento programmatico. Un evento che evidentemente viene avvertito come d’obbligo da più parti e di cui il direttore si è fatto sensibile interprete. Propendiamo per questo tipo d’interpretazione, perché quel ”fate presto” non è semplicemente l’elencazione di tutte le possibili opere che si dovrebbero fare nel corso del prossimo quinquennio amministrativo, ma suona come un’esortazione, quasi stizzita, a quanti, pur esibendo la loro intenzione di partecipare alla prossima competizione elettorale, si mostrano piuttosto reticenti(?!) nel presentare le loro ”credenziali” politicoprogrammatiche per un dibattito aperto alla cittadinanza. Comunque, al di là delle nostre interpretazioni, l’editoriale si pone oggettivamente come documento così impegnativo e ricco di indicazioni programmatiche e implicazioni etiche che sarebbe colpevole non assumerlo come base per una discussione, per un confronto fra tutti gli attori della scena politica. Per parte nostra ci sentiamo interessati a sviluppare delle riflessioni che tendono a privilegiare l’analisi degli effetti che l’azione amministrativa produce sulla qualità della vita dei cittadini e sulla vita stessa. Questo approccio ci permette di prevenire il rischio di derive dialettiche quando la si butta in cagnara per presunte ragioni di ordine ideologico e di sottrarre l’azione amministrativa alla dinamica dell’intervento fine a se stesso, o finalizzato al controllo del consenso attraverso il voto di scambio. Questo tipo di cultura (la nostra cultura) genera il meccanismo auto distruttivo della coazione a ripetere, riscontrabile nel rifacimento periodico delle stesse opere, che per essere state realizzate nell’ottica del voto di scambio, presto rivelano approssimazione nella esecuzione e scarsa qualità dei materiali impiegati con conseguente loro scarsa efficienza e durata. Gli esempi sono tali e tanti che mette tristezza e pena il solo enumerarli. A titolo esemplificativo ne richiameremo solo tre alla nostra memoria: il “macto”, un impianto di macellazione ritenuto uno dei più avanzati tecnologicamente della Puglia, la cui realizzazione comportò la spesa di otto milioni di euro circa vent’anni fa, e inaugurata in pompa magna dall’allora ministro Alemanno con lo strascico della Giunta Comunale di quel tempo. Da allora di macellazione neanche uno stinco di maiale, ma in compenso si ritorna su quel luogo per destinarlo ad altro, mettendoci su ancora un bel po’ di milioni; poi passiamo al “campo rosa” dove sempre per mano pubblica erano stati realizzati una struttura per eventi artistici e un mercato comunale, funzionanti fino a non molti anni fa. Anche in questo caso tutto ridotto in macerie, con grande spreco di risorse pubbliche e nuova (sempre la stessa!!) destinazione d’uso dell’area (edificazione di nuovi palazzi residenziali), nonostante a Noci, almeno dal 2001, si registra un costante decremento demografico; come terzo esempio la memoria ci restituisce il simulacro di una pista ciclabile che fin dalla sua ideazione si annunciava come una volgare marchetta per favorire il conferimento di tonnellate di rifiuti di cemento a strisce iuventine in forma di barriera jersey, inamovibile e macabra testimonianza, non solo estetica. Di fronte a questo quadro oggettivamente deprimente si è impulsivamente e… difensivamente spinti a puntare l’indice contro il responsabile di turno. A questo punto della nostra storia noi facciamo fatica a reiterare questo gesto, perché sospettiamo che si tratti di una sotto cultura che ci accomuna e che ci fa interpretare le Istituzioni Pubbliche come dei forzieri da ripulire per soddisfare prioritariamente i nostri egoistici appetiti. E’ un fatto culturale, di antropologia culturale; non è un fatto politico, perché per essere tale dovrebbe implicare la consapevolezza di essere cittadini, nel senso di sentirsi parte di una comunità della quale si dovrebbe scrivere e condividere una comune storia. “Andiamo a cominciare”, ci conviene