Un precursore dell’educazione relazionale

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Ricordo di Vittorio Tinelli a venticinque anni dalla morte  

“L’educazione è il processo di perfettibilità della persona umana” (Pittau, 2004). “La pedagogia è la riflessione sull’educazione e sulle attività che ad essa direttamente o indirettamente si collegano” (Laeng, 1984). Questi due pensieri di due specialisti internazionali delle scienze umane (Flores d’Arcais, 1987) sono conosciuti, con letizia storico-evolutiva, dal geniale Vittorio Tinelli (Noci, 24 gennaio 1919; 24 aprile 1991) il quale lascia alla “comunità educante” e alla “comunità culturale” di Noci un’eredità morale, professionale e scientifica di grande rilevanza sociale e civile e di grande importanza politica e pubblica.

A venticinque anni dal suo “ritorno nella Patria Trinitaria”, il suo presentimento etico - del valore della “didattica a scintille multiple” (Turi, 2016) e della qualità dell’”educazione relazionale” (Corradini, 1987) – risulta posizionato tra i vertici della memoria morale e della profezia della verità. Intersecando la memoria morale e la profezia della verità, Vittorio Tinelli si lascia inabitare, con gioia e letteralmente, dalla “passione della compagnia”: tale passione, presente a sé stessa, è da considerarsi, con ogni evidenza creativa, la matrice psicologica e vitale della sua interattiva educazione relazionale.

Perciò, per “il maestro, per antonomasia, della nocesità della seconda metà del XX secolo”, l’educazione è relazionale in quanto si basa, in modo irriducibile, sulle coloriture delle connessioni umane, che ogni persona ha, anche prima di nascere, col mondo circostante: mondo sempre moderno e, di conseguenza, policentrico, interdipendente, solidale e aperto all’ulteriorità.

Lungo questo versante, tassonomico e, in certo senso, procedurale, è da piantare l’opera monumentale di Tinelli, intitolata Il libro dei mestieri (Mottola, 2015) – curata, con intelletto d’amore, dalla famiglia del figlio – prof. Dino – che, a livello scientifico, anticipa l’intero della filosofia dell’educazione morale della nocesità del futuro o nocesabilità. In altre parole, i mestieri popolari, analizzati dal 1979 al 1991, da Vittorio Tinelli non sono soltanto uno spaccato esistenziale del passato nocese (urbano e no) ma sono, invece e soprattutto, una mappa etica della vivibilità ecologica della città futura: unicamente gli stolti non riescono a comprendere che il valore utopico-concreto della verità del lavoro umano è il vettore che aggrega l’umanità alla civicità e la persona alle comunità degli ambienti vitali della vita (famiglia, scuola, mass-media, associazioni, parrocchie, sindacati, partiti politici, ecc.). Gli oltre settanta mestieri indagati dal “maestro” – dalla casalinga al guardiano – stanno a disegnare sia la nuova relazione che sussiste, sul piano interdisciplinare, tra la pedagogia speciale e l’antropologia culturale sia il nuovo metodo che unisce, sul piano transdisciplinare, la filosofia dell’educazione ai costumi etici ed estetici della vita.

Il primo aspetto fondazionale dell’educazione relazionale del nostro grande maestro riguarda la “cifra policentrica” dell’arte del tirare fuori ciò che una persona ha dentro: quest’arte, per Tinelli, non va dal maestro (=che insegna) allo scolaro (=che apprende) ma è un’ arte a più centri poiché ogni atto educativo è, simultaneamente, l’effetto processuale della formazione familiare, della tras-formazione sociale e della con-formazione parrocchiale e istituzionale: un’autentica educazione relazionale precomprende, intenzionalmente, il distillato migliore degli altri ambienti di vita (cf Vittorio e L.Tinelli, Cento racconti nella tradizione popolare, Putignano, 1983).

Il secondo aspetto fondazionale dell’educazione relazionale di Vittorio Tinelli concerne la “trama interdipendente” dell’attività perfettibile della persona umana: siccome la perfezione umana è un ideale irraggiungibile, allora si diventa perfetti attraverso l’azione del perfezionarsi, in modo permanente. Il valore dell’interdipendenza educativa e pedagogica ha a che fare con “la passione reale per la verità della vita”: a Vittorio non interessa tanto l’apprendimento emotivo, volitivo e cognitivo. La sua mediazione culturale ha come stella polare l’interdipendenza unitaria del sapere e dell’agire: sapere è intendere (=entrare dentro alle cose della vita) e l’agire è fare il bene (entrare nella vita col cuore dell’amore). E’ nella “trama interdipendente” del pensare e dell’agire che Tinelli aziona la sua profezia della “didattica a scintille multiple” (cf V.Tinelli, Indovinelli e problemini per le scuole elementari, Mottola 2015).

Il terzo aspetto fondazionale dell’educazione relazionale del nostro “professore, laureato in pedagogia e abilitato all’insegnamento di storia e filofosia” è “l’indole solidale” della conoscenza dei valori. La didattica a scintille multiple, oltre ad alimentare la coeducazione interpersonale, permette a Tinelli di proporre un profilo solidale del processo educativo: la solidarietà non demitizza esclusivamente la mentalità del “ragazzo prodigio” ma sublima la presenza del tutto nella parte e la presenza della parte nel tutto. La pienezza del frammento è la perfezione del “già” che “non è ancora”: la filosofia dell’educazione è, per Tinelli, la stessa filosofia della vita e la stessa filosofia dell’esistenza (cf L.Tinelli-V.Tinelli, Proverbi e sentenze dei nostri padri, Noci 1985).

Il quarto – e ultimo – aspetto dell’educazione relazionale di Tinelli attiene all’”ulteriorità dell’educazione”: coincidendo col processo di perfettibilità della persona umana, l’educazione è sia permanente sia ulteriore. Educare è vivere la vita responsabile dove si dà conto di qualcosa a qualcuno: al centro di ogni educazione a misura d’uomo e di donna c’è, quindi, l’apertura all’ulteriorità ovvero l’apertura alla trascendenza e l’apertura alla trascendenza di ogni trascendenza. Una persona è educata se si relaziona, nel bene, nella giustizia e nella verità, con sé stessa, con gli altri, con l’ambiente e, se crede, con Dio: senza trascendenza, l’educazione si confonde con i comportamenti barocchi e disincarnati, rumorosi e senza risonanza.

L’idea vissuta dell’unicità, dell’unità e dell’irripetibilità della vita della persona umana e della comunità politica è, per Vittorio Tinelli, il fondamento di ogni ricostruzione educativa, morale e pubblica di una cultura e, più in generale, di una civiltà degna dell’umanesimo integrale. Chi vuole capire, capisca!.-   

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