NOCI (Bari) - L’approvazione della riforma costituzionale oggetto del referendum del prossimo 4 dicembre 2016 comporterebbe un vero rischio d’esposizione ai capricci delle maggioranze contingenti oltre che lo spianamento della strada al decadimento dei diritti sanciti dalla Costituzione. E’ il messaggio che lo scorso lunedì 21 novembre la professoressa Marina Calamo Specchia (Docente Diritto Costituzionale comparato presso l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro) ha voluto lanciare in occasione dell’incontro organizzato nel chiostro delle clarisse dal Comitato per il NO al referendum Costituzionale di Noci.
L’iniziativa, volta a spiegare tutte le ragioni per le quali la riforma costituzionale Renzi - Boschi non dovrebbe assolutamente essere approvata, è stata presentata e moderata nel corso della serata da Pierangelo Della Corte (Referente Comitato No referendum Costituzionale - Noci) e da Daniela Della Corte, giornalista pubblicista e collaboratrice del nostro quotidiano. Punti inseriti nel quesito referendario e testo della riforma alla mano, la professoressa Calamo Specchia allora, accompagnata dal dott. Vincenzo De Robertis (Comitato di terra di Bari per il NO nel Referendum sulle modifiche alla Costituzione), ha esposto le ragioni secondo le quali, a suo avviso, una riforma costituzionale di così ampia portata non doveva assolutamente essere redatta.
La discussione è partita dalla proposta di eliminazione del bicameralismo perfetto, opzione scelta dai costituenti in linea con quella che fu la tradizione degli stati occidentali. “La logica della suddetta organizzazione” ha esordito la professoressa, “si riferisce all’organizzazione territoriale dello Stato in cui si cerca di rappresentare il più possibile le regioni e le autonomie. Il bicameralismo fu scelto in funzione considerando che la seconda camera, il Senato, doveva avere il valore riflessivo. La prima, la Camera dei Deputati, doveva avere il compito di approvare le leggi in prima battuta; la seconda avrebbe dovuto avere il compito di riflettere sulla proposta. Da comparatista non sono preoccupata del problema delle navette perchè è un problema d’accordo politico e di accordo fra le forze. L’eliminazione del bicameralismo aumenterebbe soltanto di gran lunga conflitti”.
“La verità” ha continuato, “è che il modello cui è stato fatto riferimento per la composizione del nuovo Senato è quello tedesco. Nulla di più sbagliato per una semplice ragione: perchè il governo tedesco ha natura ambasciatoriale in cui compaiono delegati degli organi esecutivi”. “In Germania v’è una federazione; l’Italia invece è uno stato unitario. Il contesto non è irrilevante: secondo la riforma i nostri Senatori sarebbero eletti dai consigli regionali e non vi sarà più quindi una elezione da parte del popolo. Dalle regioni inoltre scaturirebbero 74 consiglieri. Il resto sarebbero sindaci, per la quale selezione v’è una abnorme confusione, e 5 Senatori non più a vita ma eletti per soli sette anni. Quale modello di rappresentanza quindi? In Germania i land sono vincolati alle direttive dei territori. La nostra Costituzione invece pone il divieto di mandato imperativo perchè il deputato risponde alla nazione e non al singolo, tantomeno al partito. Mi sembra chiaro dunque che questi senatori non avranno un effettivo legame col territorio. Questi senatori cosa rappresenteranno? Quantitativamente questi senatori come rappresenteranno gli elettori? Torneremmo semplicemente ad un modello di composizione partitica senza elezione da parte degli elettori. La riforma non definisce neanche il numero per regione: viene solo indicato un numero superiore a due. E se cambiasse la consistenza di una regione? Siamo sicuri che saranno 100 i senatori? Il tutto sarebbe ovviamente fluido”.
“Il Senato” ha spiegato, “avrà il potere di interagire in tutti gli iter legislativi anche con potere di recall dei progetti di legge. E potrà intervenire anche in contesti che riguardano l’Unione europea. Viene eliminato il bicameralismo perfetto allora? Mi pare proprio di no. Entro quando poi i deputati devono inviare al Senato il progetto di legge? Non si sa, il testo della riforma non lo chiarisce, il che è non va bene dato che il testo della Costituzione deve essere chiaro, efficace e facilmente interpretabile”.
E quindi anche due parole sul nuovo procedimento legislativo proposto nello stesso quesito della riforma, che andrebbe a modificare gli articoli artt. 70, 71, 73, 75, 134 . “Altra materia fluida e complessa anche questa” ha commentato “dal momento che come in un paese che si rispetti anche il Senato vorrà dire la sua su tutte le materie della riforma. Motivo per cui, qualora i due presidenti non dovessero mettersi d’accordo, si verrebbe a creare una stagione di conflitti. Quindi blocchi, interventi della Corte costituzionale e blocco dei procedimenti. Per chi studia comparazione sa che questa riforma ricalca alla perfezione il modello della costituzione belga del 1993, modello che ha portato ad una confusione incredibile fra Camera e Senato, oltre che stagioni di conflitti visto che il Belgio è stato due anni senza governo”.
In definitiva, dopo una lunga analisi del testo, la professoressa ha riposto al suo pubblico di uditori un quesito: "Siamo sicuri che questa riforma rientra nell’articolo 138? Si poteva redigere una riforma costituzionale di così ampia portata? Approvando questa riforma ci esporremmo a delle maggioranze contingenti. L’unica cosa che andava fatta con questa riforma era il rafforzamento del procedimento di revisione. L’articolo 138 doveva essere blindato. Ricordiamoci che l’accentramento del potere è il primo passo verso la decadenza dei diritti”.