Immaginate di leggere questa offerta di lavoro: “Cerchiamo una persona gentile e premurosa per svolgere un lavoro a tempo pieno, con orario continuato, sette giorni su sette, a volte serate libere; non sono necessarie esperienze o qualifiche particolari, anche se si devono saper svolgere alcuni o tutti i compiti eseguiti dai seguenti professionisti: cuoco, insegnante, educatore, infermiere, operatore sociale, psicologo, assistente all’infanzia, taxista, rappresentante, manager, intrattenitore e dietista; si tratta di un impiego non retribuito.”
Chi accetterebbe un’offerta del genere? In realtà è ciò che accade a tutte le donne che accettano di svolgere il “lavoro di mamma”. L’esperienza della gravidanza e della nascita di un figlio rappresenta, per la maggior parte delle donne, un momento della vita caratterizzato da forti emozioni di felicità e gioia ed è accompagnato da vissuti psicologici positivi. Tuttavia, considerato che essere genitori comporta un lavoro continuo e impegnativo, a volte con caratteristiche anche inaspettate, non sempre il vissuto reale di una coppia di neo genitori corrisponde all’immagine felice mostrata dai media di due adulti sereni con un bambino affettuoso, calmo e ben nutrito. L’arrivo di un bambino implica molti cambiamenti nella vita e nella routine quotidiana dei genitori, che richiedono una grande capacità di resistenza fisica ed emotiva, quindi non è strano che nei primi tempi ci si possa trovare in difficoltà nell’affrontarli.
Ciò che rende questo momento di transizione, in particolare nella vita della donna, molto delicato è il fatto che nel senso comune circolano idee e aspettative nei confronti della gravidanza e della maternità che tendono a idealizzare questo momento, mettendone in evidenza gli aspetti positivi legati alla gioia della nascita di un figlio, agli effetti benefici sulla vita coniugale in termini di rafforzamento del legame sentimentale tra i genitori, alla naturalezza con cui una mamma riesce a prendersi cura del figlio guidata dall’istinto materno. Ciò che invece molte donne non raccontano è che diventare madri è un cambiamento di vita anche pieno di incognite e difficoltà non sempre prevedibili; infatti già dalla gravidanza possono presentarsi preoccupazioni e malesseri per la donna e, anche quando non ci sono grandi complicazioni o patologie particolari, con l’arrivo di un nuovo bambino persino le mamme più navigate possono incontrare difficoltà, perché un neonato può non dormire la notte, piangere in modo inconsolabile nonostante le cure della mamma, non crescere abbastanza, suscitare gelosie nei fratelli più grandi. Tutto ciò va gestito in un periodo in cui nella donna sono in corso cambiamenti ormonali che influiscono sul suo umore, in cui è necessaria una riorganizzazione dei tempi che lascia poco spazio alla cura della propria persona, in cui inevitabilmente anche la vita di coppia subisce delle modificazioni.
Se una donna non è pronta a riconoscere e accettare queste difficoltà e ha nutrito esclusivamente aspettative positive nei confronti del ruolo materno, è altamente probabile che l’impatto con la realtà possa provocare delusione e frustrazione, portandola a sentirsi inadeguata come madre. È abbastanza frequente che ci si senta in colpa nei confronti del bambino per essere incapace di gestirlo, che si pensi di essere egoiste quando si riconosce di avere il desiderio di ritagliarsi degli spazi per sé, che ci si senta inutili quando si passano le giornate ad allattare e cambiare pannolini, soprattutto per una donna abituata a lavorare e a ricevere riconoscimento sociale per le proprie capacità, mentre tutto quello che si fa nel ruolo di mamma tende ad essere dato per scontato.
In questi momenti è di fondamentale importanza non vergognarsi nell’esprimere i propri vissuti con il partner o con altre donne (la mamma, una sorella, un’amica…), ma soprattutto avere la capacità di chiedere aiuto, non solo materiale, senza sentirsi inadeguate perché non si è capaci di assolvere a tutte le richieste implicate nel ruolo materno, conservando sempre e solo uno stato d’animo positivo. Sentirsi stanche, tristi non significa essere cattive madri, ma semplicemente sentire l’effetto delle difficoltà naturali, fisiologiche legate all’importante cambiamento di vita che si sta affrontando, che sono solo una parte transitoria della sorprendente avventura della genitorialità.