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Sandra Albanese: “Non siamo quel che facciamo, ma facciamo quel che siamo”

10 05 sandra albaneseNOCI (Bari) – Vivere della propria passione è possibile? Si può davvero fare di un sogno l’obiettivo della propria quotidianità? Sandra Albanese è la risposta vivente a questi quesiti: si può! La cosa fondamentale per far si che un sogno non si limiti a restare tale è quello di essere sempre curiosi, di non fermarsi davanti alle difficoltà, di sperimentare, conoscere e godersi ogni risultato raggiunto con soddisfazione, ma anche con tanta umiltà. Sandra ha sempre saputo quale era il suo sogno e ha lavorato duramente affinché l’arte diventasse per lei una base solida sulla quale radicare il proprio futuro.

Sei riuscita a trasformare la tua passione per il teatro, spesso considerato un hobby, in una professione a tutti gli effetti. Come ci sei riuscita?

Come? In realtà il professionismo, nel campo artistico è un'utopia, ormai. L'arte in qualsivoglia forma, non sempre rientra nelle logiche di mercato odierne. Ora senza imbattermi in disamine su massimi sistemi, credo sia solo doveroso osservare l'attuale stato delle cose in campo culturale nel nostro paese e si fa subito lampante la particolarità che lo differenzia dal resto del panorama europeo. A tutti i livelli della società è ben radicata la convinzione che di arte non si vive e se ci si prova si finisce per viverci a stento. Sì, è proprio così, di sola arte in Italia non ci vivi!
Spesso il tuo lavoro è considerato un orpello ed anche lo stesso sedicente potere culturale tratta la tua professione come accessorio proponendoti collaborazioni sottopagate o addirittura gratuite e con condizioni al limite della legalità. È un sistema molto complesso e articolato quello dell'arte, in particolare quello teatrale, in Italia, che però poco si discosta dalla gestione che spesso si ritrova in molti ambienti lavorativi. Devi scalciare, sgomitare esser abbastanza arrivista solo per far conoscere la tua arte e spesso devi sottostare anche a logiche clientelistiche. Come ne sono uscita fuori? O meglio come vivo in tale sistema? Reinventandomi ogni volta e costruendo da me la mia professione! Come in ogni campo lavorativo si acquisiscono nel tempo, con lo studio e con la pratica abilità da dover mettere in gioco nel proprio lavoro. Il teatro non è solo recitazione, è molto altro. Con curiosità e dedizione ho cercato di imparare quanto più possibile del mestiere teatrale e pertanto mi scopro delle volte attrice, altre costumista, conduttrice di laboratori teatrali, organizzatrice...insomma artigianalmente usi i tuoi strumenti per creare arte, qualsiasi ruolo tu svolga. Questo economicamente non sempre paga però. La mia vita lavorativa pertanto è ricca di tante differenti esperienze talvolta non sempre affini al mondo teatrale, come ad esempio fare la baby-sitter e l'educatrice con pazienti psichiatrici in progetti finalizzati all'acquisizione di autonomie. La mia settimana tipo mi vede passare dal ruolo di coordinamento organizzativo presso il Master in teatro sociale e Drammaterapia istituito dalla Sapienza di Roma, a quello di attrice nel lavoro con la mia compagnia Amaranta. Dal ruolo di co-conduttrice di un laboratorio di teatro-terapia con pazienti psichiatrici a quello di baby sitter, con la ferma consapevolezza che non siamo quel che facciamo, ma facciamo quel che siamo.

Quali sono state le tue esperienze in ambito teatrale più importanti?

Sicuramente l'ultima e non solo perché è in corso e quindi ne ho viva la memoria, ma soprattutto perché è una esperienza unica nel panorama teatrale italiano attuale. Vestirò i panni di Marie Klug, chimica-alchimista stimata per la sue grandi scoperte ed intuizioni da tutto il panorama intellettuale Europeo degli anni quaranta.
Marie Klug è uno dei personaggi di uno spettacolo di Immersive Theatre (teatro Immersivo) intitolato Augenblick: l'istante del possibile. Tale nuova forma teatrale, pressoché sconosciuta in Italia, propone una tipologia di performance in continuità con altre forme di teatro (Promenade, teatro sensoriale, teatro partecipativo, teatro per singolo spettatore, site-specific performance), ma con caratteristiche che la rendono un’esperienza unica. Lo spettatore è libero di fruire della performance a livelli e con percorsi di propria scelta. I performes incarnano la loro linea narrativa in uno spazio non più separato, ma condiviso con lo spettatore. Nel caso dello spettacolo in cui ho recitato dal primo ottobre scorso, performers e spettatori vivono le atmosfere di una residenza anni quaranta. Così come il performer compie le sue azioni nei differenti spazi della residenza anche lo spettatore è invitato ad esplorare ogni cosa, dagli oggetti di scena, alle scenografie, agli odori, ai sapori, ai suoni, e soprattutto le performances che abitano questi luoghi.
Lo spettatore sceglie come muoversi nello spazio, cosa esplorare in esso ed anche cosa osservare, pertanto sarà la sensibilità e curiosità a muoverlo nel tentativo di crearsi una propria linea di comprensione ed interpretazione.

Co-conduttrice di laboratori di teatro-terapia. In che modo questa “tecnica” si rivela utile per i pazienti affetti da disturbi psichici?

Sono entrata in questo mondo grazie ad un illuminante incontro avuto ai tempi dell'università con un docente di drammaterapia davvero sui generis. Ho frequentato con lui un tirocinio formativo presso due differenti centri diurni di Roma ed ho scoperto una realtà affascinante, complessa e molto stimolante che mi ha travolta. Ho deciso così di costruirmi una mia professionalità affiancandolo nel lavoro sul campo. Il mio contributo in tale attività mi vede mettere al servizio dell'utenza, in questo caso pazienti psichiatrici, solo ed esclusivamente le mie competenze e capacità artistiche. Ci tengo a sottolineare ciò, perché in Italia molto spesso, anche in virtù delle logiche escludenti e poco lineari del mercato artistico, molti artisti si improvvisano conduttori di teatro in ambiti sociali marginali e/o a rischio, senza poi averne le competenze, ma solo ed esclusivamente perché sono ambiti in cui poter continuare a praticare la propria arte o ancor di più dove poter attingere ispirazione e materiale umano per le proprie creazioni artistiche. Tutto ciò che compete gli aspetti più strettamente terapeutici sono di competenza di altre figure professionali preposte a tale ruolo e nel mio caso dello psichiatra che mi affianca. Pertanto rispondo alla tua domanda sull'efficacia dal mio punto di vista di artista. A teatro qualcosa diventa efficace se smuove non solo chi la mette in atto, ma anche chi la fruisce, se riesce a mettere in atto un processo comunicativo reale, nonostante la finzione! Da teatrante ho osservato negli anni che molto spesso riscontro più professionalità e adesione al mestiere in tali contesti che in quelli propriamente teatrali. Sebbene abbia acquisito sul campo una piccolissima capacità di decodifica anche degli effetti più strettamente “curativi” del teatro in tali contesti, non mi arrogherei mai il diritto di poterli valutare non essendo io né uno psicologo né uno psichiatra. Io osservo e rifletto sul valore artistico del lavoro che faccio con pazienti psichiatrici e leggo nel loro desiderio di voler continuare ogni anno a condividere e vivere quello spazio, un effetto reale e concreto del potere curativo che il teatro ha, considerando la cura in un'ottica non solo medica, ma anche e soprattutto come una risposta concreta ad una necessità. Per ognuno questa necessità potrà essere differente, ad esempio può essere la necessità di vivere uno spazio di socialità oltre la famiglia e gli ambienti medici; oppure condividere uno spazio di apertura verso la propria interiorità...sotto l'egida del teatro siamo tutti in gioco allo stesso livello senza etichette sociali, codici medici e differenze di alcuna sorta.

Quali sono le difficoltà maggiori che hai riscontrato in questo mondo?

Come ho già detto precedentemente, il mondo del teatro professionale è un mondo davvero ostico attualmente. La più grande difficoltà che ho dovuto affrontare però non è stata tanto un ostacolo esteriore, quanto interiore. Ossia acquisire la consapevolezza che se vuoi vivere di teatro senza piegarti troppo all'ambiguità del suo sistema organizzativo, dovrai fare i conti con una sorta di marginalità. Quando la acquisisci però tutto diventa più chiaro e vivi le tue scelte con serenità. Parliamoci chiaro, nonostante il mio atavico ottimismo, sono ormai ben consapevole che non calcherò mai le scene conosciute al grande pubblico, eppure ogni anno continuo a fare del teatro la mia vita. Non mi arrendo, ogni anno sperimento nuovi percorsi, mi formo a nuove tipologie di teatro cerco di fare del limite una risorsa, come ho già detto reinventandomi. Quest'anno ad esempio insieme ad una mia collega ho condotto un laboratorio di teatro presso una associazione culturale di Roma sperimentando una forma di teatro chiamata auto-teatro, durante la quale lo spettatore partecipa alla performance eseguendo istruzioni ricevute via audio, attraverso testi e/o segnali visivi.

Nel tuo futuro quale ruolo ricoprirà questa tua grande passione?

Mi auguro continui a ricoprire il ruolo che già ha nella mia vita, ora...se poi riuscirò anche a pagare le tasse con i soli ricavati del mio lavoro teatrale sarebbe meraviglioso!
Attualmente (al momento dell'intervista ndr) sto preparando uno spettacolo che andrà in scena dal 1 all'11 ottobre presso il Teatro Studio uno di Roma. Tale progetto ha un grandissimo valore per me, non solo per la sua particolarità (già descritta precedentemente), ma soprattutto perché è il risultato di anni di lavoro e formazione. Quest'anno è già la seconda volta che lo metto in scena, dato il grande riscontro di pubblico ricevuto lo scorso febbraio e per chi fa questo mestiere le conferme ricevute dall'affluenza del pubblico sono vera linfa! Sì ok l'arte, ma dietro l'Arte c'è un grandissimo lavoro: ore di prove, di allestimento, di performance...vita spesa per un lavoro che spesso non ha orari! Non ambisco alla fama, non credo sarei qui, ora! Ma al riconoscimento del valore del mio lavoro, a quello sì, ambisco! È come se un calzolaio facesse le scarpe più belle, comode e confortevoli e nessuno le comprasse, che ragione di esistere avrebbe la sua grande maestria?
Finito questo spettacolo, oltre a tutti i miei progetti lavorativi di cui ho già largamente parlato, dal prossimo novembre mi sperimenterò nella conduzione di un laboratorio di teatro site-specific in collaborazione con un giovane drammaturgo. Da gennaio poi inizierò a lavorare a un nuovo spettacolo di teatro immersivo che andrà in scena nell'estate 2016, ma...preferisco non parlarne troppo. Piccole scaramanzie!

Se potessi rivolgerti direttamente ai giovani che coltivano la tua stessa passione per il teatro, quali consigli sentiresti di dare loro per farsi strada in questo mondo?

Custodisco da anni una maglietta regalatami dal mio papà in età adolescenziale. Riporta su questa scritta: “Nessun consiglio, so sbagliare da sola”. Mi rispecchia perfettamente!
A chi vuole fare del teatro il proprio lavoro direi solo di mantenere sempre viva e costante la capacità di osservare come il mondo intorno cambia e di come anche l'arte debba farlo per plasmarsi ed entrare in dialogo con questi cambiamenti. Direi di non lasciare mai che la fiamma della curiosità si spenga, è una grande risorsa per la creatività. Direi di non credere mai di essere “arrivati”, ci son sempre nuove mete da raggiungere e mondi da esplorare. Direi di imparare con umiltà a vivere l'arte dell'attore, di farsi artigiano del proprio saper fare, prima di esser divi tocca passare anche per le pulizie dei teatri! Direi di non indossare mai i panni della “diversità” ed esclusività...è un mestiere e come tutti i mestieri devi “mettere le mani”! Forse, direi anche siate sempre desti...talvolta la vita vi permette di incontrare chi come voi coltiva la medesima passione...è questa è magia! Ma, questa credo sia possibile per chiunque, non solo per chi vive d'arte!
Dico ciò, però, solo a partire dal mio vissuto, da quanto esperito, riguardando i passi che ho fatto e immaginando quelli, (tanti spero!) che ancora desidero fare! Nessun consiglio, solo piccolissime considerazioni sulle infinite possibilità che ci sono di vivere e fare teatro!

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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